San Sebastiano nel
Far West
Sul quotidiano della CEI, l'“Avvenire” dell'8 aprile, Carlo
Cardia riferisce preoccupato di un convegno del Centro Calamandrei di
Torino su scuola e religione. La proposta di introdurre nelle scuole
un'ora di storia delle religioni o di studio del “fatto religioso”
non controllato da loro mette in ansia i vescovi e mette in dubbio il
monopolio. Il timore è che – una volta introdotta la nuova materia
– venga progressivamente liquidato l'insegnamento affidato alla
Chiesa cattolica in applicazione del Concordato del 1984. “Avvenire”
spiega che già oggi quell'insegnamento è “non confessionale,
culturale e pluralista” e che studi e approfondimenti sul fenomeno
religioso, se si vorrà, potranno darsi all'interno dei programmi
delle materie umanistiche.
Per
dimostrare i rischi che si correrebbero se si abbandonasse l'ora di
religione il giornalista ricorre al caso della Francia, ove fin dal
1905 per effetto della loi
de separation
nelle scuole non si insegna più la dottrina cattolica. Già un
rapporto del 1989 avrebbe rivelato gli sconcertanti effetti di questa
scelta: nel corso delle visite al Louvre delle scolaresche c'erano
ragazzi che chiedevano spiegazioni su “tutte quelle bavy-sitter
che in tanti quadri tengono in braccio un bambino” o che di fronte
al San Sebastiano di Mantegna attribuivano ai pellerossa le frecce
disseminate sul suo corpo.
Un fremito di orrore sembra attraversare la scrittura del giornalista
di fronte a codesta profanazione. Egli però non sembra avere notizia
di analoghe ricerche svolte agli Uffizi o in un altro museo
italiano. Chissà che domande rivolgono agli insegnanti i ragazzi
italiani che si sono avvalsi dell'insegnamento religioso a scuola.
Miele
Marcello Rossi, in un articolo sul “Ponte” alla fine del 2000,
salutava con sollievo il ritorno a un anno “profano”. Quest'anno,
visto che non si leggono segni d'eccezionalità, non ci sarà bisogno
di un ritorno alla normalità. Il papa argentino in verità non
“buca”, non riesce ad essere e neanche a sembrare il mattatore
che fu Wojtila, non ce la fa a santificare questo 2016. E il mix
postmodernista che caratterizzò la campagna vaticana del 2000 tra
citazioni del Medioevo mistico, millenarista e corporativo (il
Giubileo per “categorie”), tra ritualità barocche, visioni
profetiche (i misteri di Fatima) e dirette televisive sembra oggi
irripetibile.
La cosa dipende sia dallo stile dei due pontefici che dal contesto.
Il polacco aveva grinta e senso dello spettacolo, e per di più si
presentava come principale artefice della fine del comunismo ateo:
poteva tranquillamente usare il prestigio conseguito per un appello
contro la paura del futuro. Già allora, tuttavia, l'abilità
comunicativa malamente nascondeva le difficoltà di una chiesa
insidiata nei paesi più ricchi dalla “secolarizzazione”, in
quelli più poveri dalla concorrenza islamica e dalle sette. Il papa
attuale riuscì a sorprendere con i comportamenti “democratici” e
con la dichiarata volontà di rappresentare le ragioni delle vittime,
degli ultimi, in un mondo tutt'altro che ordinato e pacificato, ma
scosso da crisi economiche, povertà vecchie e nuove, guerre,
terrorismi, fanatismi, migrazioni di massa. Prospettava una chiesa
riformata e restituita, se non a povertà, almeno a sobrietà, in
grado di rappresentare rispetto ai potentati economici e politici le
ragioni dei più deboli a tutti i livelli, dai migranti ai
disoccupati. Sembrava volere anche una chiesa comprensiva e
accogliente nei confronti di omosessuali e divorziati, meno chiusa
verso la libertà di scelta sui temi della generazione e della morte.
Il Giubileo della Misericordia, nelle intenzioni, avrebbe dovuto
sostenere con la partecipazione in massa dei fedeli l'ambizioso
progetto di riforma.
La risposta freddina ottenuta finora non deriva tanto dall'insidia
del terrorismo quanto dall'ostilità di una parte della Curia e dalle
frenate dello stesso Bergoglio. Il sinodo sulla famiglia di ottobre,
per esempio, ha in sostanza ribadito le tradizionali chiusure, mentre
lo scandalo suscitato dagli sperperi cardinalizi finora di concreto
ha prodotto solo il processo ai giornalisti che li hanno denunciati.
Ci sono questioni importanti su cui il papa tiene il punto, in primo
luogo il rifiuto di una contrapposizione con l'Islam e l'accoglienza
ai profughi delle guerre e delle catastrofi economiche provenienti
dal Vicino Oriente e dall'Africa, quale che sia la loro religione; ma
anche su questo, soprattutto in Italia, il coinvolgimento nel
business dei rifugiati (finanziato da contributi statali) di
organizzazioni riconducibili all'organizzazione ecclesiastica,
indebolisce la polemica pontificia contro i fautori dei muri e della
crociata. Il sospetto è che la solidarietà serva a garantire alla
Chiesa cattolica una sorta di monopolio della carità.
Anche
per questo, con il passare dei mesi, il vecchio prelato appare sempre
più ripetitivo e “gesuitico”. Per esempio la sua “esortazione
apostolica” sulla famiglia intitolata Amoris
letitiae,
diffusa l'8 aprile scorso, raccomanda “premura, attenzione e
discernimento” verso i divorziati, senza fare mezzo passo avanti
sulle nuove unioni. In compenso sparge miele in larga copia: metafore
(la chiesa come “ospedale di campo”) e citazioni poetiche (tra
l'altro Borges, “ogni casa è un candelabro”). Nell'omelia
domenicale del 17, di ritorno dall'isola di Lesbo, oltre che di
"immensa tenerezza", Bergoglio parla di "assoluta
sicurezza", dice: "Nelle mani di Gesù e del Padre siamo
completamente al sicuro". Un minuto dopo il viso si indurisce:
ricorda il terremoto in Ecuador: morti, feriti, orfani e senza tetto.
Le mani di Dio.
Gualtiero
l'Africano
Anche
in periferia le sperimentano tutte per proclamare il Giubileo della
Misericordia, a volte con esiti involontariamente comici. L'ufficio
di pastorale familiare della archidiocesi Spoleto-Norcia ha
intitolato Misericordiando
in famiglia la
festa che organizza annualmente e per sovrappiù i partecipanti hanno
dovuto sorbettarsi un musical su Teresa di Calcutta. Nella diocesi di
Perugia-Città della Pieve la Caritas sta aprendo alcuni Empori per
famiglie e persone in difficoltà con fondi in prevalenza offerti da
Fondazioni bancarie: quello di San Sisto, a Perugia, è dedicato alla
“Divina Misericordia”. A Città di Castello ai primi aprile ha
tenuto il suo convegno regionale il Centro Volontari della
Sofferenza, una associazione cattolica che si occupa
dell'evangelizzazione e dell'aiuto verso i malati e i sofferenti. Il
vescovo Cancian ha accolto i convegnisti in Cattedrale, li ha
invitati a passare attraverso la porta santa e, intervenendo al loro
convegno, ha spiegato che la misericordia è la migliore medicina.
Un
altro modo di santificare è viaggiare, seguendo l'esempio del papa,
che dopo aver aperto l'anno santo in Africa è andato in Messico e a
Lesbo. Neanche il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti ha voluto
mancare l'appuntamento con il continente nero: è stato in Sud
Africa, Malawi ed Etiopia insieme alla presidente della Regione
Marini. Dal 14 al 19 aprile hanno visitato città, missioni, chiese e
il sobborgo di Soweto con il museo dell'apartheid.
Non
si sa bene se a pagare i conti sia stato uno dei due o se abbiano
fatto alla romana. Nella cattedrale di Pretoria il Bassetti ha
parlato della “opportunità di questo nostro viaggio missionario
durante il Giubileo della Misericordia”. Insieme hanno poi visitato
il “Solomeo Rural Hospital”, realizzato in Malawi con il
contributo della Fondazione Cucinelli.
Cucinelli dal canto suo, il 17, riceveva il premio Palma d'Oro dall'associazione Assisi Pax fondata nel 1997 da Rocco Polidoro detto Gian Maria, un frate influente che Napolitano nel 2010 ha nominato Commendatore. Con gli imprenditori umbri, notoriamente rozzi, Cucinelli il mese scorso parlò di “cazzi mosci”; qui, di fronte a un pubblico di monachelle, ha parlato di pace e della bontà di papa Francesco. È un gran furbacchione l'uomo, adegua il linguaggio all'uditorio e sa che a determinare il successo dei suoi prodotti e della sua azienda, non è tanto la qualità del cachemire quanto la fama di benefattore e mecenate, come quella, un po' usurpata, di filosofo. La filantropia come investimento pubblicitario. Se nella cosa non ci fosse una dose di paternalismo eccessiva, quasi disgustosa, sarebbe da consigliare.
Cucinelli dal canto suo, il 17, riceveva il premio Palma d'Oro dall'associazione Assisi Pax fondata nel 1997 da Rocco Polidoro detto Gian Maria, un frate influente che Napolitano nel 2010 ha nominato Commendatore. Con gli imprenditori umbri, notoriamente rozzi, Cucinelli il mese scorso parlò di “cazzi mosci”; qui, di fronte a un pubblico di monachelle, ha parlato di pace e della bontà di papa Francesco. È un gran furbacchione l'uomo, adegua il linguaggio all'uditorio e sa che a determinare il successo dei suoi prodotti e della sua azienda, non è tanto la qualità del cachemire quanto la fama di benefattore e mecenate, come quella, un po' usurpata, di filosofo. La filantropia come investimento pubblicitario. Se nella cosa non ci fosse una dose di paternalismo eccessiva, quasi disgustosa, sarebbe da consigliare.
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