Dal deserto arrivò
sul suo azulejo1
l'infedele;
era un indio dei toldos2
di Pincén o di Catriel.
Lui e il cavallo erano uno,
erano uno e non due.
Cavalcandolo a pelo lo guidava
con il fischio o con la voce.
C'era nel suo toldo una lancia
che affilava con cura;
a poco serve una lancia
contro il fucile avvantaggiato.
Sapeva curare con le parole,
cosa che non può chiunque.
Conosceva i sentieri segreti
della profonda frontiera.
Da dentro alla terra veniva
e dentro alla terra ritornò;
forse non raccontò a nessuno
le cose rare che vide.
Non aveva mai visto una porta,
questa cosa così umana
e così antica, né un patio
né la cisterna e la puleggia.
Non sapeva che dietro
alle pareti ci sono stanze
con la loro branda pieghevole,
il loro banco e altre bellezze.
Non lo spaventò vedere il suo volto
ripetuto nello specchio;
lo vide la prima volta
in quel primo riflesso.
I due indios si guardarono,
non scambiarono neanche un gesto.
Uno - quale? - guardava l’altro
come colui che sogna di sognare.
Non lo avrebbe spaventato neanche
sapersi vinto e morto;
la sua storia la chiamammo
la Conquista del Deserto.
da “Panorama” - 27
Giugno 1983
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