Nell'estate del 1966
Leonardo Sciascia dedicò la rubrica che teneva su “L'Ora”,
“Quaderno”, a un suo viaggio nella Spagna franchista. Ripropongo
qui una delle sue note. (S.L.L.)
Donna Maria Fernanda de
Cordoba e don Bernardo de Quiros cedettero parte delle loro terre di
Sàstago ai contadini negli ultimi anni del passato secolo; e c’è
da credere la cessione sia avvenuta sotto forma di enfiteusi, come da
noi quelle terre sulle quali ancora i contadini pagano il cosiddetto
“censo”. Più tardi, nel 1931, lo stesso conte che ora le
rivendica, aveva ceduto il resto: “en buena o en mala hora”, come
dicono i giornali: spontaneamente, cioè, per liberarsene o nel
timore che l’avvento della Repubblica e la paventata riforma
agraria portassero ad una brusca e radicale espropriazione.
Probabilmente, dopo trentacinque anni, il conte avrà fatto valere in
tribunale la “mala hora”, cioè la Repubblica e la minaccia della
espropriazione, come una di quelle condizioni e circostanze analoghe
alla privazione della capacità di intendere e di volere; ma
soprattutto ha fatto valere la ragione puramente burocratica che le
terre “esteban legalmente inscritas a su nombre en el registro de
la Propriedad”, cioè in catasto. O i contadini avevano trascurato
di chiedere quella che da noi si chiama voltura o qualche impiegato
del catasto aveva lasciato inevasa la pratica. Tanto è bastato,
comunque, perché la proprietà del conte tornasse integra come ai
tempi in cui la Spagna era in guerra con gli Stati Uniti per
difendere gli ultimi scampoli del suo impero.
La sentenza del tribunale
supremo ha suscitato una certa inquietudine, i giornali – con tutto
il rispetto per il signor conte e per il supremo tribunale – si
sono levati a chiedere l’intervento di don José Solis (ministro,
mi pare di capire, dell’agricoltura); e il sindaco di Sàstago, don
Pedro Surribas, è andato a Madrid proprio per parlare con don José:
in primo luogo per ringraziarlo dell’interessamento al problema, e
poi per sapere a che il suo interessamento approderà, visto che
secondo sentenza il conte di Sàstago può disporre come vuole delle
sue terre. E non solo delle terre, ma anche dei due milioni di
pesetas che il Municipio gli deve per tributi non
legittimamente incassati. Ma in quanto a questo, niente da fare: “El
ayutamiento de Sàstago no tiene dinero”, dice il sindaco. Le
terre però sono lì, sotto il sole: e i contadini continuano a
lavorarle. Ma ora che c’è don José Solis di mezzo, aggiunge il
sindaco, i contadini sono passati dalla massima preoccupazione alla
calma aspettazione, solo che ancora le intenzioni del conte non sono
chiare.
Le intenzioni del conte,
in verità, sono chiarissime: vuol tenersi le terre, assegnandole in
enfiteusi, con nuovi patti, a chi gli pare. Sembra anzi che
richiederà, ai contadini che aspirano alla concessione, immacolate
fedine penali e non si sa che altri requisiti. Lui è il padrone,
giusto come nel secolo scorso i suoi antenati.
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