Una decina di anni fa,
nel 2007, i giornali e le tv annunciavano un'importante esposizione e
un convegno di archeologi a Bruxelles. A degli ossi incisi,
provenienti dall'ex Congo belga, si connetteva un'ipotesi suggestiva,
che sembrava confermare le teorie che riconducevano all'Africa
l'origine della civilizzazione umana: forse anche le matematiche sono
nate nel continente nero e quei bastoncini potrebbero esserne la
prova. “La Stampa” dedicò al tema non solo un articolo di
informazione, peraltro un po' enfatico, ma anche il commento di un
matematico che, in attesa di verifiche e di studi, dava conto del più
antico documento “matematico” conosciuto, prima degli ossi
africani, un osso di lupo ritrovato in Moravia, non lontano da Brno,
a Dolní Věstonice (Repubblica Ceca), insieme ad altri reperti come
una famosa Venere paleolitica. (S.L.L.)
I "bastoni di Ishango" |
Due
ossa scoperte in Congo
lanciano l'ipotesi sull'origine della
matematica
I numeri? Sono nati
nel cuore dell'Africa
Ventimila anni fa
Domenico
Quirico
Senza aver mai messo
piede in Africa Darwin aveva già capito tutto: era lì che bisognava
cercare l'origine dell'umanità. Il nostro albero genealogico da
Lucy, con i suoi tre milioni e mezzo di anni, a Roumai, vecchio di
sette milioni di stagioni, continua a infrondarsi in quella terra
delle meraviglie antropologiche che è l'Africa Orientale.
Adesso si affaccia e si
discute di un'altra ipotesi affascinante, sconvolgente: e se oltre
che l'uomo anche la sua attività più astratta e insieme più
pratica ovvero la matematica, fosse stata inventata da un genio
africano? Cinquemila anni fa ci avevano assicurato finora, nella
terra dei due fiumi, i sumeri cominciarono a contare. Niente affatto!
Ventimila anni fa nel cuore del continente nero pescatori pieni di
immaginazione creativa già utilizzavano ossa segnate con sistemi
numerici. C'è di che sconbussolare perfino gli estremismi di Martin
Bernal e della sua Atena nera.
Raccontiamo questo giallo
archeologico africano. Ventimila anni fa dunque, in Africa australe,
ancor più di oggi terra coperta di foreste spesse e di laghi grandi
come il mare. Gli archeologi vi diranno che era l'età della pietra
tarda: la animavano tribù indaffarate di pastori e di allevatori.
Qui vicino alle rive del lago Edward si dedicavano alla pesca. Era
una vera civiltà, capace di migliorare sistematicamente i propri
strumenti di lavoro, come gli arpioni fatti di osso, che disponeva di
mole e pietre di quarzo perfettamente tagliate, che aveva corde fatte
di fibre vegetali. Tutti oggetti che ha lasciato sulle rive del lago
in provvidenziali discariche, insieme alle ossa degli animali e gli
scheletri dei pesci. Quanto sarebbero smilzi i nostri libri di storia
antica senza questi magazzini di rifiuti! Un giorno un pescatore,
forse in attesa che la pesca desse i suoi frutti, prese in mano due
piccole ossa, uno di dieci e l'altro di quattordici centimetri. Uno
era di un mammifero, forse un leone, forse una grande scimmia,
l'altro umano. Ne incise metodicamente la superficie su tutte le
facce: i segni ancora oggi hanno una cadenza perfetta simmetrica,
sono serie cadenzate separate da uno spazio. Quell'uomo era forse il
primo matematico della storia? Ventimila anni dopo, nel 1950, in
quella terra si chiama Ishango una cittadina del Congo ancora belga
arriva Jean de Heinzelin, ricercatore de l'Institut Royal des
Sciences Naturelles. Ha scelto proprio quella terrazza fossile
all'imbocco del lago perché qui sono stati ritrovati arpioni in osso
e una mandibola di ominide. Intuizione fortunata la sua: dalle due
profonde trincee scavate nel suolo escono conchiglie, arpioni,
utensili in quarzo bianco. E il primo dei «bastoni di Ishango»,
l'osso che quell'ignoto antenato aveva cosi' accuratamente inciso
nella preistoria. Il suo lavoro è evidente: a una delle estremità
ancora c'è un piccolo frammento di quarzo che serviva certo a
tagliare. Nove anni dopo il secondo osso arrichisce e ispessisce il
mistero. Che spalanca ipotesi così innovative da turbare gli
studiosi da piu' di mezzo secolo e da indurli a prudentissime
reticenze. A Bruxelles fino a venerdì le due ossa saranno le
«vedette» di un convegno internazionale. Eppure i numeri sono lì:
tre tratti, otto tratti... come non convertire le colonne in cifre?
Il gioco delle combinazioni è inarrestabile, su un lato 10+1, 20+1,
i numeri primi nel secondo, la regola del doppio nella terza, insomma
un sistema matematico completo a base dieci. Altri hanno speculato
sulla presenza prevalente del sei. Ecco la prova definitiva! Ancora
oggi molte popolazioni africane usano questa cifra come base di
calcolo. Altri sono andati ancora più in là: è un calendario
lunare. Oppure un oggetto divinatorio. O uno strumento per dividere
la pesca del giorno. Siamo alla fantascienza archeologica? Un regista
misterioso si diverte a cancellare gli indizi: perché la
mineralizzazione rende impossibile utilizzare la prova del
radiocarbonio.
Georges Ifrah |
Finora le prime cifre
erano ceche
Piero Bianucci
Uno, due, molti. In
Oceania esistono ancora tribu' che sanno indicare solo queste tre
«quantita'». Ma in tutte le culture prima o poi matura la scoperta
del numero. Alla ricerca delle sue origini Georges Ifrah, matematico
ebreo di lingua araba, ha dedicato la vita: gli dobbiamo un classico,
la Storia universale dei numeri. L'invenzione delle cifre
avviene in tempi diversi nelle varie parti del mondo. Con la scoperta
appena fatta in Congo può rivaleggiare solo un osso di lupo (un
radio) ritrovato a Vestonice, in Cecoslovacchia. Porta incise 55
tacche divise in due serie di gruppi di cinque. La prima macchina
calcolatrice, dice Ifrah. Età: anche in questo caso, circa 20 mila
anni. L'uomo di Vestonice era forse un cacciatore che così teneva il
conto delle sue prede. Corvi e gazze i migliori matematici del regno
animale sanno contare fino a quattro. Ma calcolano «a mente».
Tacche incise su ossa e legni hanno permesso agli uomini primitivi di
registrare i numeri e compiere operazioni. Le cifre romane derivano
da queste tacche. Altri popoli usavano sassolini, conchiglie,
rametti, gli Incas del Sud America cordicelle. Di solito la
numerazione è decimale perché 10 sono le dita delle mani, ma
talvolta è su base 20 perché entravano in gioco anche i piedi. I
sumeri adottarono la base 60 perché ha molti divisori (2, 3, 4, 5,
6...) e facilita i calcoli. Nelle misure angolari la usiamo ancora.
Il sistema su base 2, benché elementare, è il fondamento
dell'informatica. Lo zero, inventato anche dai maya oltre che dagli
indiani, è un progresso enorme, come il diverso valore di una cifra
a seconda della sua posizione. I greci non andavano oltre la miriade,
pari a 10 mila. Oggi il numero più grande che abbia un nome è
Googol: 10 elevato alla centesima potenza (donde il motore di ricerca
Google). Tutte le particelle nucleari dell'universo sono appena 10
all'ottantesima.
Da “La Stampa”, 1°
marzo 2007
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