Il plebiscito del 1929 |
Alla fine quel che resta del polo
berlusconico (con l'eccezione, forse, della Lega) darà indicazioni
per il sì al referendum costituzionale, per ridurre la portata della
vittoria renziana, ma servirà a poco. E non sarà una campagna allo
spasimo neanche quella dei grillisti, che manterranno un tono pacato:
non ci saranno né nuotate né voli aerostatici né proteste
clamorose, non vedremo il comico riempire le piazze gridando al colpo
di stato. Il movimento spera che il combinato disposto tra il
possibile aggravarsi della crisi e il nuovo sistema
politico-elettorale possa consegnargli il potere in nome dell'onestà.
All'uopo stanno preparando il lubrico Di Maio che, mentre si incontra
con la Trilateral, accentua la soavità comunicativa.
E' inutile scandalizzarsi: il voto su
una riforma i cui effetti principali risiedono nella
personalizzazione del potere diventa inevitabilmente voto di fiducia
sulla persona che la propone. Il modello, "si parva licet
componere magnis", è De Gaulle e, prima ancora, i due
Bonaparte. Il rottamatore toscano, ovviamente, tenterà di cogliere
subito i frutti della rottamazione costituzionale; non lascerà agli
avversari la possibilità di logorarlo. Dunque "finanziaria
elettorale" e - subito dopo - il voto, all'inizio della
primavera, con il Pd totalmente renzizzato o con un rassemblement
renzista più ampio (il partito della nazione?): la vittoria è
assicurata. I grillisti dovranno attendere una nuova occasione mentre
procederà la "normalizzazione", anche attraverso una messa
in riga del potere giudiziario e un più stringente intervento sui
mezzi di informazione. I bersaniani, decisi a votare sì per non far
notare la propria inconsistenza, saranno asfaltati: se ne salverà
solo qualcuno, previa conversione e giuramento di fedeltà.
Nel referendum costituzionale (quello
elettorale non si farà a tempo a farlo) a sostenere la posizione del
no sarà soprattutto la sinistra: quella politica, sempre più
sbrindellata, quella sindacale, quella dei professori e dei
magistrati. Non è prevedibile un grande successo. Questo sarà
facilmente presentato come il "fronte conservatore" e i
suoi sostenitori come i "difensori dell'esistente", di un
esistente, peraltro, su cui pesa una generalizzata insoddisfazione.
La sinistra, culturale, sindacale e politica, non ha saputo o forse
voluto contrapporre alle riforme autoritarie, più volte tentate
negli ultimi due decenni e finalmente realizzate, contrapporre una
proposta positiva, ancora più innovativa, capace di mobilitare le
intelligenze e le speranze, una riforma che liquidasse privilegi di
politicanti, inefficienze, superfetazioni burocratiche, dando corpo
ad una più forte partecipazione dal basso, anche utilizzando le
risorse positive della rete.
E' inutile farsi illusioni: in questa
condizione non si può vincere, anche perché alla critica giusta
della riforma costituzionale non si accompagna una proposta
credibile. Proposte sulla riduzione dei membri del parlamento
eccetera verranno giudicate per quello che sono state in parlamento:
non una riforma organica, chiara nei suoi fondamenti e nelle sue
direttrici, ma un tentativo per frenare la riforma di Renzi.
C'è però una possibilità di dare un
senso a questa battaglia di minoranza ampliando i consensi e
solidificando strutture: che i comitati del No si facciano ora, anche
in ritardo, elaboratori e propositori di una nuova idea di società,
di una riorganizzazione democratica che punti sulla partecipazione e
la trasparenza, che rifaccia soggetto di politica i cittadini che
sono diventati oggetto. Si tratta di dimostrare nei fatti e con
l'esempio - e si può - che un potere condiviso e ampio è più
efficiente ed efficace delle semplificazioni autoritarie. Nella
battaglia e nella elaborazione possono emergere temi, idee,
personalità, può prodursi l'inizio di una nuova sinistra più
coerente con le sue radici egualitarie e democratiche (di potere dal
basso).
Io ci spero e nel mio piccolo voglio
dare una mano.
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