Su “La Stampa” del 20
marzo 2010 Chiara Beria di Argentine costruisce un gustoso e
sorridente ritratto di Angelo Colussi.
“Saint Moritz, week-end
scorso. A una cena di lor signori non è passato certo inosservato,
con una giacca nera traslucida e scarpe coperte di borchie, la suola
rossa scarlatta molto da divo del rock. Tre giorni dopo, nel suo
nuovo quartier generale milanese in via Spadolini, Angelo Colussi, 59
anni, presidente del gruppo industriale umbro che sforna biscotti e
panforti, pasta e riso, crackers e prodotti dietetici, dadi per brodo
e succhi di frutta esce da una riunione.
Inappuntabile grisaglia
grigia; sul tavolo mappe di Google con i siti, cerchiati in rosso,
dei 3 stabilimenti russi dove, insieme ai partner della compagnia
InfoLink, produce a tutto spiano buona pasta all’italiana.
“I russi amano i
maccheroni” - per quell’enorme mercato in rapida espansione;
l’agenda stracolma di chi guida un gruppo con 7 stabilimenti in
Italia e 4 all’estero; 1400 dipendenti (altri 609 in Russia); 580
milioni di ricavi”.
Alla domanda se sia “la
stessa persona che in privato è così fashion&rock?” Colussi
risponde: “L’importante è non prendersi mai troppo sul serio”.
Quindi rievoca la grande crisi dell’alimentare negli anni ‘70 e
‘80, quando le aziende straniere, più innovative nel marketing,
facevano shopping di marchi italiani. Poi si effonde nel romanticismo
aneddotico. Un padre di una durezza assoluta, Giacomo Colussi, che
nel giorno del proprio compleanno, il 26 novembre 1999, un mese prima
della morte, riunisce gli operai della fabbrica di Petrignano di
Assisi e dice: “Vi lascio in buone mani”; ma al figlio, in
azienda da oltre venti anni, aveva sempre detto che non avrebbe
combinato nulla nella vita. Angelo, invece, trasforma il lascito in
un colosso, soprattutto grazie alla fortunata joint venture
con Andrej Gurov, fondatore di InfoLink. “Gurov e soci erano
ingegneri nucleari; hanno fatto business con le sigarette poi si sono
buttati sulla pasta” — così narra “l’industriale molto rock
che compra grano in Arizona, fa il panforte a Siena e i makaroni con
gli ex comunisti”.
Tutto molto bello, quasi
commovente. Se non che ci è capitato di leggere un comunicato
sindacale di fine febbraio. Le Segreterie regionali umbre di
categoria Cisl, Cgil e Uil e le Rsu manifestano grandi preoccupazioni
per il futuro della Colussi di Petrignano e chiedono un incontro
all’Azienda, che salta e rinvia gli appuntamenti.
A sentir costoro, mentre
Colussi fa il fashion&rock a Saint Moritz e il classico a
Milano, per lo stabilimento tuttora più importante del Gruppo si
prospetta la chiusura: non arrivano le promesse produzioni finora in
capo ad altre fabbriche, non si rinnova il contratto agli stagionali,
si obbliga alle ferie tutto il personale. Forse i sindacalisti sanno
più di quel che dicono: parlano di chiusura oggi per spacciare come
un successo la cassa integrazione di domani. Ma è forte il sospetto
che l’ottocentesco e duro Giacomo era meglio del postmoderno e
rockettaro Angelo. Quello ce l’avrebbe messa tutta per non chiudere
il “suo” stabilimento, questo appare molto più farfallone e
inaffidabile.
Da “micropolis”, marzo 2010 –
pubblicato senza firma nella rubrica “Il fatto”.
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