3.5.16

Musica e guerra. La marcia degli spartani (Aulo Gellio)

Il massimo storico della Grecia, Tucidide, riferisce che i Lacedemoni, grandissimi guerrieri, in battaglia non si servivano dei richiami di corni e trombette ma delle melodie dei flauti, e non già per qualche rituale religioso o in funzione di cerimonia sacra, e neanche per infiammare e spronare gli animi, cosa che appunto favoriscono corni e litui, ma al contrario, per moderarli e calmarli, cosa che si ottiene proprio con i ritmi del flautista. Erano convinti che nell’attaccare i nemici e nell’intraprendere i combattimenti nulla fosse più adatto a infondere forza e coraggio che una temperata baldanza da perseguire attraverso la calma infusa da melodie dolci e lente.
Così, quando gli eserciti erano in assetto di guerra e le formazioni schierate e si cominciava ad avanzare sul nemico, i flautisti mescolati tra i ranghi incominciavano a suonare. Allora con quel preludio tranquillo e gradevole, ma a suo modo maestoso, il vigore e l'impeto dei soldati seguivano una sorta di disciplina segnata dalla musica militare e venivano trattenuti dallo scatenarsi alla rinfusa e in disordine. Ma è un piacere servirsi delle testuali parole di quell’eccellente scrittore, rese autorevoli dalla eleganza stilistica e dalla credibilità: «E poi ci fu lo scontro: gli Argivi e i loro alleati avanzarono d’impeto e pieni d’ira, i Lacedemoni invece lentamente e alla cadenza segnata da numerosi flautisti collocati tra loro non per ragioni di culto religioso ma per poter marciare al passo con quel ritmo e perché i ranghi non fossero scompigliati, cosa che accade spesso ai grandi eserciti quando vanno all’assalto».


Noctes Atticae,I, XI, 1-5. Traduzione S.L.L.

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