Il massimo storico della
Grecia, Tucidide, riferisce che i Lacedemoni, grandissimi guerrieri,
in battaglia non si servivano dei richiami di corni e trombette
ma delle melodie dei flauti, e non già per qualche rituale religioso
o in funzione di cerimonia sacra, e neanche per infiammare e spronare
gli animi, cosa che appunto favoriscono corni e litui, ma al
contrario, per moderarli e calmarli, cosa che si ottiene proprio con
i ritmi del flautista. Erano convinti che nell’attaccare i nemici e
nell’intraprendere i combattimenti nulla fosse più adatto a
infondere forza e coraggio che una temperata baldanza da perseguire
attraverso la calma infusa da melodie dolci e lente.
Così, quando gli
eserciti erano in assetto di guerra e le formazioni schierate e si
cominciava ad avanzare sul nemico, i flautisti mescolati tra i ranghi
incominciavano a suonare. Allora con quel preludio tranquillo e
gradevole, ma a suo modo maestoso, il vigore e l'impeto dei soldati
seguivano una sorta di disciplina segnata dalla musica militare e
venivano trattenuti dallo scatenarsi alla rinfusa e in disordine. Ma
è un piacere servirsi delle testuali parole di quell’eccellente
scrittore, rese autorevoli dalla eleganza stilistica e dalla
credibilità: «E poi ci fu lo scontro: gli Argivi e i loro alleati
avanzarono d’impeto e pieni d’ira, i Lacedemoni invece lentamente
e alla cadenza segnata da numerosi flautisti collocati tra loro non
per ragioni di culto religioso ma per poter marciare al passo con
quel ritmo e perché i ranghi non fossero scompigliati, cosa che
accade spesso ai grandi eserciti quando vanno all’assalto».
Noctes Atticae,I,
XI, 1-5. Traduzione S.L.L.
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