Sulla campagna contro
Augusto Turati, che Mussolini volle alla guida del partito fascista
al posto di Roberto Farinacci per frenare lo strapotere dei
cosiddetti “ras”, esistono versioni diverse rispetto a quella qui
avallata dal giornalista e storico Sergio Turone suo libro Politica
ladra. È verosimile che le voci diffuse dagli amici di Farinacci
contro il Turati sul finire degli anni Venti, quando era ancora
Segretario del PNF, riguardassero una sua presunta omosessualità; ma
la ragione per cui fu destituito nel 1930 era connesso ad altro, allo
scandalo Belloni, relativo agli arrichimenti e malversazioni del
podestà di Milano, nei riguardi del quale si rimproverava a Turati
una scarsa vigilanza. Al suo posto arrivò Giovanni Giuriati che
prese troppo sul serio l'incarico di epuratore e perse proprio per
questo l'incarico dopo appena un anno: su di lui la diffusione di
voci di omosessualità fu decisamente più insistente. Tanto che,
quando nel 1931 Mussolini decise di sostituirlo con Starace, costui -
secondo il racconto del giornalista Mattei – festeggiò la propria
nomina offrendo pasticcini e dicendo: “Se il vicesegretario mangia
con tanto appetito, vuol dire che l'ha messo in c... a Giuriati”.
Gli avvenimenti che
Turone ricostruisce nelle pagine che qui riprendo (un po' fuori tema
rispetto al suo libro che si occupa di corruzione) si svolgono a
Torino, ove Augusto Turati si era trasferito da Roma, dopo il suo
allontanamento dalla segreteria del PNF e riguardano soprattutto il
1932. (S.L.L.)
Augusto Turati e Roberto Farinacci negli anni '20 del Novecento |
Abbiamo lasciato poche
pagine addietro Augusto Turati alle prese con le conseguenze per lui
nefaste del caso Belloni. Rimosso dalla segreteria del Pnf, Turati
ebbe l’incarico di dirigere «La Stampa» di Torino. Ciò non
piacque a Farinacci, che avrebbe voluto la totale scomparsa politica
dell’odiato rivale, e invece se lo ritrovava concorrente in campo
giornalistico, e per giunta alla direzione di un quotidiano d’antica
tradizione, sicuramente più prestigioso del suo «Regime fascista».
E vero che lui, Farinacci, aveva anche la risorsa della professione
forense, ma questa gli serviva, come abbiamo visto, solo per
arricchirsi, e non aveva che un’indiretta incidenza sul piano del
potere politico.
Il ras di Cremona decise
pertanto di tener d’occhio Augusto Turati, convinto che prima o poi
questi avrebbe compiuto il passo falso decisivo. Naturalmente
Mussolini, grazie al proprio efficientissimo servizio d’informazioni,
era al corrente di tali propositi. In un rapporto conservato
nell’archivio del Duce veniva riferito quanto risultava dalle
segnalazioni di polizia: Farinacci «si ostina tenacemente a indagare
sulla vita intima dell’ex segretario del partito col proposito di
sfruttare ogni occasione di scandalo».
Turati non lasciava
assolutamente margini ad accuse di omosessualità, ma all’occorrenza
anche l’erotismo eterosessuale poteva offrire — se accortamente
utilizzato — occasioni utili a un nemico abile e grintoso. Il
direttore della «Stampa» aveva dunque un’amante, una
italo-francese, modista a Torino, Paulette Marcellino.
La povera Paulette,
colpevole solo di non disdegnare le dolcezze appaganti dell’amplesso,
finì col trovarsi al centro di un intrigo erotico-politico denso di
risvolti comici, che lei però visse come tragici.
Fino a quando la
relazione fra Augusto e Paulette proseguì amena o felice, non ci
furono scosse. Il dramma cominciò — ma se ne videro subito gli
effetti — il giorno in cui il giornalista-gerarca decise che
quell’amore si era esaurito e piantò la bella modista.
Farinacci fu informato
della rottura, seppe che la donna era furibonda per essere stata
piantata, ed entrò in azione. Si recò a Torino per incontrare
Paulette e, forte del suo fascino virile al quale i crismi del potere
conferivano irresistibilità, la sedusse: o, come si diceva ancora,
“la fece sua”.
Tutto questo è
ricostruibile in termini di rigorosa ricerca sulla base di documenti
d’archivio pubblicati da Petacco, perché i solerti informatori di
Mussolini indagarono con grande sagacia e riferirono tutto.
Riferirono anche la frase precisa con cui Paulette smentì Farinacci
(il quale aveva poi negato di aver avuto rapporti intimi con lei):
«Fu a Torino — raccontò la poveretta, — in quella camera dove
ero già stata con Turati. Lui ha visto la mia debolezza ed io,
eccitata com’ero, con quell’uomo ancora nel sangue, non ho avuto
la forza di dire di no a Sua Eccellenza Farinacci che mi amò due
volte».
L’interessato seduttore
acquisì dunque sulla donna un ascendente, del quale si servì per
convincerla a consegnargli parte delle lettere che Augusto Turati le
aveva scritto nel corso della relazione. Lettere d’infuocata
fantasia erotica. Farinacci le fece pervenire a un giornale francese,
che le pubblicò. Sembra che nella sessualità di Turati ci fossero
componenti sadomasochiste. I giornali italiani, beninteso, non fecero
parola della vicenda, ma il sussurro a Torino era assai diffuso, e i
redattori della «Gazzetta del popolo» — quotidiano concorrente
della «Stampa» — si davano un gran daffare per alimentarlo nelle
conversazioni da salotto, in cui il gusto del proibito era
apprezzatissimo.
Quando il sussurro si
fece tuono, Turati — nell’agosto del 1932 — perdette anche la
poltrona di direttore della «Stampa». Il giornale lo congedò con
un saluto, che meriterebbe di essere ricordato nella storia
dell’informazione come esempio-limite del giornalismo fascista:
«Salutiamo Augusto Turati con virile animo: rivolgiamo il pensiero a
Colui che tutto sa e tutto vede, a Colui che legge con occhio fermo
nei cuori umani».
«Colui» non era Dio,
ma, naturalmente, Mussolini. Il commentino era così impudicamente
apologetico, da far supporre che la forzatura fosse stata voluta da
un diabolico redattore-capo in fama di antifascista: Santi Savarino.
Di tale sospetto si fece eco esplicitamente l’anonimo autore del
rapporto «Riservato per il duce», che porta la data del 10 agosto
1932. Senza dubbio a decidere la cacciata di Turati dalla «Stampa»
era stato lo stesso Mussolini, il quale però poi aveva sollecitato
dai suoi informatori un supplemento di indagine su tutta la grottesca
vicenda. Il documento del 10 agosto la riassume con ampiezza di
particolari. E lascia capire che Farinacci, nella sua spregiudicata
offensiva contro il rivale, poteva aver trovato un alleato nel
senatore Giovanni Agnelli, padrone della Fiat e della «Stampa».
Perché fra Turati e
Agnelli i rapporti erano divenuti freddi? «L’Agnelli — riferisce
il rapporto 10 agosto 1932 — avrebbe voluto impiantare a Torino —
con capitale straniero — una grande fabbrica di gomma, ed avendo
trovato a Roma — presso il Duce — un reciso diniego, avrebbe
preteso dal Turati una forte pressione per riuscire a strappare la
concessione, al che il Turati si sarebbe rifiutato».
In questo clima di
tensione fra editore e direttore della «Stampa» s’inserì la
storia di Paulette Marcellino. Torniamo al testo del rapporto
riservato: «Costei, bella femmina rapace un tempo, ora sarebbe a
Torino ritirata dalla vita allegra ed avrebbe una casa di confezioni.
Il Turati avrebbe stretta una folle relazione con questa Paulette, la
quale sarebbe pazzamente innamorata di lui. Senonché ad un certo
momento l’On. Turati si sarebbe stancato di questa relazione ed
avrebbe piantato la ex cocotte, la quale fuori di sé per il dolore e
l’ira avrebbe fatto un grossissimo scandalo. Sarebbe andata a
raccontare per Torino le cose più intime di questa relazione:
debolezze e degenerazioni dell’uomo che — a detta della Paulette
— sarebbe un sadico terribile — fino a parlare, negli eccessi del
sadismo, di bimbe da sventrare, ecc. ecc. — un cocainomane ed
altro».
E Farinacci? Il rapporto
così prosegue: «L’On. Turati molte di queste tristi cose avrebbe
scritte anche in una quarantina di lettere folli, dirette alla
Paulette; la quale, avvenuta la rottura, ne avrebbe portate due
all’On. Farinacci — per servirsene contro l’ex segretario del
Partito — e le altre le avrebbe mandate in Francia, presso un
notaio».
Augusto Turati aveva
cercato di organizzare la propria difesa; e in un primo momento aveva
convinto la povera Paulette a ritrattare, e a dire che le lettere non
erano autentiche. La donna, evidentemente ancora innamorata, aveva
tentato di rimangiarsi le accuse, aveva riferito le pressioni
esercitate su di lei da Roberto Farinacci, dopo che questi, nalla
camera del peccato, l’aveva amata «due volte». Ma evidentemente
«Colui che tutto sa e tutto vede» capì come erano andate le cose:
le pressioni di Farinacci su Paulette c’erano state davvero, però
le lettere di Augusto erano autentiche. Per tanta infamia, il
siluramento dalla direzione della «Stampa» non era castigo
bastevole: un mese dopo Turati fu espulso dal partito.
Da Politica ladra.
Storia della corruzione in Italia 1861-1992,
Laterza 1992
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