Quel che segue è il coccodrillo di “Repubblica” per Caterina
Bueno, la cui voce è all'origine del mio amore per la canzone
popolare. Registrai su nastro audio, nel 1964 credo, una trasmissione
televisiva della RAI dal titolo C'è chi canta per amore chi per
protesta. Vi parteciparono, ognuno con due pezzi, Luigi Tenco,
Beppe Cardile, Enzo Jannacci e, appunto, Caterina Bueno. Di Tenco
ricordo solo Io lo so già e di Cardile Beati voi; i
pezzi di Jannacci erano Ma mi e Ti te sé no; Bueno,
bellissima, eseguiva Maremma e La storia del 107, un
lamento carcerario che tuttora mi piace canticchiare per tenermi compagnia anche se non guido
più la macchina. Quel nastro lo ascoltai migliaia di volte.
Più tardi, al tempo del Sessantotto e dei Dischi del sole, ascoltavo religiosamente Caterina Bueno nelle registrazioni su vinile di Bella ciao e Ci ragiono e canto, due LP che, quando mi separai da Carmela, restarono a lei, insieme al giradischi, per ragioni pratiche: io canterino e intonato riuscivo a farmi la musica da solo.
Ho vista e sentita dal vivo la Bueno negli anni 90, invecchiata e - credo - malata ma ancora bravissima, in un paio di Feste dell'Unità, in Toscana, a cantare le canzoni contro la guerra e quelle delle donne, quelle della fatica e quelle dell'amore. Mi piace che Incerti rammenti ai lettori, con le parole di Caterina Bueno, la sua grande amica, Rosa Balistreri, la siciliana dalla grande voce, come lei libera e generosa cicala. (S.L.L.)
Più tardi, al tempo del Sessantotto e dei Dischi del sole, ascoltavo religiosamente Caterina Bueno nelle registrazioni su vinile di Bella ciao e Ci ragiono e canto, due LP che, quando mi separai da Carmela, restarono a lei, insieme al giradischi, per ragioni pratiche: io canterino e intonato riuscivo a farmi la musica da solo.
Ho vista e sentita dal vivo la Bueno negli anni 90, invecchiata e - credo - malata ma ancora bravissima, in un paio di Feste dell'Unità, in Toscana, a cantare le canzoni contro la guerra e quelle delle donne, quelle della fatica e quelle dell'amore. Mi piace che Incerti rammenti ai lettori, con le parole di Caterina Bueno, la sua grande amica, Rosa Balistreri, la siciliana dalla grande voce, come lei libera e generosa cicala. (S.L.L.)
Se ne è andata Caterina Bueno, una leggenda della canzone popolare
italiana. Il suo brano più celebre era Maremma Amara, canto
tradizionale da lei recuperato e reinterpretato in maniera toccante,
intensa. Aveva 62 anni e da tempo le sue apparizioni pubbliche erano
sempre più rare a causa di problemi di salute. A lei Francesco De
Gregori aveva dedicato la canzone Caterina: «E la chitarra
veramente la suonavi molto male/ però quando cantavi sembrava
Carnevale/ E quanti mascalzoni hai conosciuto / e quante volte hai
chiesto aiuto,/ma non ti è servito a niente./ Caterina questa tua
canzone la vorrei veder volare/sopra i tetti di Firenze per poterti
conquistare».
Negli ultimi anni, parlando con lei, pareva di sentire una voce non
nitida, a volte poco chiara. Quando però saliva sul palcoscenico
tutto si trasformava. Col suo cappellino, la gonna corta, era una
presenza carismatica e con i suoi brani sapeva inchiodare e
commuovere il pubblico. La Bueno è stata anche una grande
ricercatrice. Negli anni Sessanta la chiamavano la «raccattacanzoni»
e non c'era angolo della Toscana, purché abbastanza sperduto, che
non conoscesse il rumore della sua Cinquecento, la sua passione di
ricercatrice. «Ero consapevole - diceva Caterina Bueno - di stare
salvando un pezzo di mondo di cui oggi non resterebbe traccia. Nelle
altre regioni c'è stata più continuità, ma in Toscana bisognava
cercare, chiedere, entrare nell' intimità delle famiglie, vincere la
diffidenza della gente. Quello che alla fine convinceva tutti era il
desiderio di testimoniare, di mantenere la memoria».
Caterina Bueno, come afferma il direttore dell'Istituto De Martino e
cantante folk Ivan Della Mea che ha fatto un' infinità di spettacoli
assieme a lei «ha dato una lezione a tutti i ricercatori, perché è
stata la prima ad andare a ricantare le cose che aveva trovato a chi
gliele aveva date. Questo è stato importante sia da un punto di
vista politico che morale. Caterina è stata una grande ricercatrice
di tradizioni popolari toscane, non ha mai discriminato fra canti
raffinati, aristocratici del Cinquecento e canti della protesta
sociale».
Per capire il rigore filologico della Bueno occorre risalire ad un
suo ricordo: «Da piccola durante una gita a Bivigliano con alcune
amiche chiedemmo dove si trovasse un certo luogo ad una vecchietta
che raccoglieva legna. Ci rispose così: bisogna andare là dove la
strada muore e promuove il sentiero. Rimasi incantata. Ecco: in tutti
questi anni non ho fatto altro che cercare ciò che questa donna mi
aveva mostrato per la prima volta, ovvero il nobile parlare inteso
non come espressione di bei sentimenti, ma come eleganza nel porgere
le parole, tipica delle campagne toscane. Perché tradire tanta
purezza? Il mio intento è continuare a preservarla nel miglior modo
possibile».
La famiglia di Caterina era di origine spagnola. Imparò da
autodidatta a suonare la chitarra. La sua attività di ricercatrice
la portò in contatto con l'Istituto Ernesto De Martino di Milano ed
entrò nel «Nuovo Canzoniere italiano» partecipando nel 64 - al
festival dei Due Mondi di Spoleto - allo spettacolo Bella Ciao
con Giovanna Marini e altri cantanti folk fra cui Della Mea. Dal 66
al 69 partecipò allo spettacolo di Dario Fo Ci ragiono e canto.
Intanto continuò ad incidere album fra cui «La veglia» (68) che
racchiude il canto popolare toscano E cinquecento catenelle d'oro.
Nel 71 conosce De Gregori con cui nel 95 - assieme anche a
Locasciulli, Lolli, Pietrangeli - si esibisce in un memorabile
concerto a Roma. La sua attività di ricercatrice cantante
proseguiva, scoprendo e lavorando col suonatore d'organetto diatonico
Riccardo Tesi e dedicandosi ai Canti del Maggio.
La Bueno è stimata anche fuori dal mondo della musica popolare tanto
che una rockstar come Gianna Nannini ancora oggi la considera un
punto di riferimento. Di Firenze, come spiegava lei stessa, era
legata a due zone. San Salvi (dove anni fa tenne un toccante
concerto) e San Frediano. «All'Andrea del Sarto ho scoperto la
dimensione della casa del popolo. Tanti canti popolari li ho scovati
seduta ai tavoli dei circoli, chiacchierando con gli anziani. Fu Rosa
Balistreri a farmi scoprire San Frediano, un quartiere dai mille
volti, dove ho raccolto tanti canti da osteria». Il Comune di
Firenze si è ricordato di quest'artista conferendole il 16 maggio
dello scorso anno il Fiorino d' oro, come gesto di riconoscenza e
d'affetto nei confronti di una artista rimasta sempre legata alla sua
città. Nell'occasione Caterina volle dedicare agli ospiti presenti,
ai tanti amici accorsi a festeggiarla, un concerto nel quale,
traspariva, ancora una volta, l'amore per il suo lavoro». Così la
ricorda adesso il Sindaco Leonardo Domenici: «Con Caterina si spegne
una della più belle voci della canzone popolare italiana. La sua
lunga artistica è stata intensamente tracciata da un indomito
impegno civile e politico».
“la Repubblica”, 17 luglio 2007
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