Come ormai succede da
qualche tempo a questa parte, quando un partito o un politico della
destra populista ottiene un successo elettorale, assoluto o relativo
che sia, un manipolo di “illuminati” ritiene di dover andare a
fare una piazzata a urne ancora fresche, mettendo in discussione, in
barba a qualsiasi principio democratico, che una fetta
dell’elettorato abbia deciso di votare a quel modo.
Ieri sera è toccato ad
Alternative für Deutschland, colpevole di aver ottenuto il
12,6% dei consensi, divenendo di punto in bianco la terza forza
politica della Germania. In parallelo, la timeline di Facebook
si intasa di isteriche considerazioni contro l’avanzata dei
populismi, “mala tempora currunt” di qua, “tifiamo asteroide”
di là, sermoni pregni di tensione morale che puntano il dito contro
l’incedere dei fascismi (disegnando così la fallace equazione tra
fascismo e populismo). In un fenomeno paradossalmente non del tutto
estraneo alla sinistra che storicamente aveva lottato per
l’estensione delle franchigie democratiche, taluni paventano
persino di revocare il voto agli imbecilli.
Intendiamoci subito: sono
tempi bui per davvero perché l’estrema destra fa schifo sul serio
e non c’è alcuna ragione di celebrare alcunché. Ma è l’analisi
di fondo di quello che sta succedendo a fare acqua da tutte le parti.
Le piazzate infatti andrebbero organizzate di fronte alle sedi dei
partiti che hanno provocato lo sfacelo economico e sociale in cui
versa l’Europa, sì proprio quegli attori politici “moderati”,
“seri” e “responsabili” le cui politiche non si differenziano
ormai quasi per nulla le une dalle altre.
Nella fattispecie, se il
ritorno in auge dei nipotini dei nazisti fa legittimamente venire i
brividi, la protesta va rivolta a Frau Merkel e Herr Schulz, sì
proprio i leader dei due partiti più grossi che hanno fatto
l’inciucio – lì la chiamano Große Koalition ma rimane pur
sempre un “biscotto” – per otto degli ultimi 12 anni. E poco
importa se Schulz ha promesso che è ora di finirla con questa
storia: piccoli espedienti tattici che non intaccano la convergenza
sostanziale sulle stesse politiche economiche, sullo stesso modello
di Europa, sulla stessa solfa.
Gli amici “illuminati”
si indignano perché il fascismo (o comunque vogliate chiamare quei
pasticci ideologici dell’attuale estrema destra) è brutto, sporco
e cattivo – come dargli torto, d’altronde? – ma non fanno quel
passetto in più per comprendere il contesto in cui maturano e si
sviluppano progetti di società così sordidi. Si impuntano
ferocemente ad esprimere il proprio disgusto, sbattono i piedi, ma
non capiscono che se la politica viene privata della sua dimensione
più naturale, ovvero sia quella del disaccordo, della possibilità
di scelta tra opzioni realmente diverse, l’antagonismo rischia di
riemergere nelle forme più disparate e pericolose.
Ciò che non riesce loro
di mettere a fuoco è che il disagio sociale che cova oggi giorno in
Europa – sì perché anche in Germania, tra minijobbers e un Est
impoverito, esistono sempre più diseredati – trova sfogo lì dove
può, rendendo più importante la voce di dissenso rispetto al suo
contenuto specifico. Non c’è da prendersela quindi con coloro che
votano per formazioni che reputiamo oscene: bisogna tornare a
sedurli, bisogna parlare con gli incazzati e far sì che quella
rabbia possa essere veicolata in termini democratici e non
razzistoidi. Se non lo faranno le forze votate alla giustizia sociale
e l’uguaglianza, lo continueranno a fare le Le Pen, i Trump e le
Alternative für Deutschland.
Piuttosto, il vero mostro
contro cui scagliarsi è il consenso centrista e tecnocratico, il
quale ha spacciato per un fatto naturale un modello contingente e
correggibile che svuota di sovranità e di democrazia gli Stati e che
precarizza progressivamente le nostre vite. La prossima volta che
avanza l’estrema destra, smettiamo di fare la morale: torniamo a
fare politica.
“il manifesto di
Bologna”, 25 settembre 2017
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