Pepe e Lucía |
Lucía e Pepe non potevano nascere più diversi. Lui in un quartiere
operaio di Montevideo, orfano di padre a sette anni; lei figlia di un
ricco ingegnere e imprenditore edile, educata dalle suore domenicane.
Mujica è già il «comandante Facundo», leader del Movimiento de
Liberación Nacional Tupamaros, quando la giovane Topolansky decide
di abbracciare la causa di quella guerriglia marxista, ispirata dalla
Rivoluzione cubana, che non esita a spargere il sangue dei nemici.
«Era una congiuntura diversa, la storia non può essere sempre
sottoposta a revisione», taglia corto oggi la senatrice, mai
«pentita», nome di battaglia «Ana».
Lucía e Pepe si incontrano, si amano per qualche mese, poi finiscono
entrambi in carcere. Riescono ad evadere (lei passando dalle fogne
cittadine) ma vengono ricatturati, alla vigilia del golpe militare
del 1973. E non escono più, per tredici anni rinchiusi in condizioni
estreme, vittime di abusi, torture, vessazioni. Comunque meno peggio
di quanto succede oltreconfine. «Almeno non ci uccidevano —
ricorda Topolansky —. Una volta vennero in carcere dei militari
argentini e chiesero ai nostri secondini: “Perché questi qui sono
ancora vivi?”».
Sopravvissuti, Pepe e Lucía si ritrovano soltanto nel 1985, dopo la
fine della dittatura: l’amnistia svuota le galere e permette ai
guerriglieri di cercare per via democratica quello che non hanno
conquistato con le armi. Ci riescono, brillantemente, con il
Movimiento de Participación Popular, oggi principale forza politica
del Fronte Ampio di sinistra.
Nel 2010 Mujica presta giuramento come presidente dell’Uruguay
proprio nelle mani della moglie, già allora secondo senatore più
votato. Nei cinque anni di governo che seguono, la coppia vara alcune
delle misure più progressiste al mondo, come la legalizzazione della
marijuana («anche se io non ne conosco neppure l’odore», mette in
chiaro lei), dell’aborto e delle nozze gay.
Si sono sposati soltanto nel 2005, dopo una lunga convivenza. Senza
figli, «perché dovevamo cambiare il mondo e abbiamo perso tempo».
Vivono in modo molto spartano in una piccola fattoria, alla periferia
di Montevideo, coltivando la terra. Il 90% del loro stipendio va ai
poveri. Pepe sorride quando gli dicono che la moglie è meno
carismatica di lui. «Può darsi, però è sistematica: come le api,
o una goccia d’acqua. Una lavoratrice instancabile. Non una di
quelle persone che fanno gesta storiche, ma una che costruisce».
Corriere della Sera 15 Settembre 2017 (da PressReader.com)
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