Don Bosco tiene prediche
e panegirici in tutto il Piemonte con incrollabile entusiasmo. La sua
è fede vissuta, slancio di carità verso chiunque abbia bisogno. I
fedeli sono soggiogati dalle sue parole. Spesso improvvisa alternando
italiano e dialetto, sa toccare il cuore.
È anche saggista e
poeta. Nel 1852 fonda “Il Galantuomo, almanacco nazionale” su cui
alterna curiosità, nozioni agrarie, suggerimenti pratici. Crede
molto nell’importanza della patata, da poco diffusa grazie
all’opera di Vincenzo Virginio, un avvocato con la passione per la
terra: “È una miniera d’oro per la sua grande e molteplice
utilità, forse l’unica risorsa che riesca a meraviglia in
qualunque clima”. Don Bosco conosce la diffidenza contadina verso
il nuovo ed è prodigo di buone pratiche di coltivazione: semina,
sarchiatura, raccolta e conservazione.
Alla sua penna si deve
anche un curioso elogio della polenta:
State a udire, miei
lettori
forestieri e cittadini
artigiani e contadini
con orecchia tutta
attenta
la virtù della
polenta.
Non si può saper di
certo
chi sia stato
l’inventore,
ma sicuro un gran
dottore
colui fu ben
s’argomenta
che fé il primo, la
polenta.
Benedetta questa sia
benedetto l’inventore
benedetto il suo sapore
che ognun sazia, ognun
contenta
Viva sempre la polenta.
Elma Schena, Adriano Ravera, Atavola
nel Risorgimento, Priula &
Verlucca, Torino, 2011
Nessun commento:
Posta un commento