L'autore della recensione
per il controverso Libro Nero è stato a lungo Professore di
Psicologia Generale all'Università di Firenze. Ha scritto, fra
l’altro, una Storia della Psicologia del Novecento, Laterza,
1995, e Il caso Marylin M. e altri disastri della psicanalisi,
Laterza, 2002. (S.L.L.)
«Ironizzare su Freud non
è gradito agli adepti. Né fare insinuazioni sul fatto che il suo
pensiero sia lontano dal metodo scientifico»
Le risentite reazioni
degli psicoanalisti al Libro Nero della psicoanalisi, uscito
in Francia nel settembre 2005, erano prevedibili. Tanto più dopo il
tempestivo contrattacco su «L’Express» dell’autorevole
psicoanalista Élizabeth Roudinesco, che ne aveva riassunto così il
contenuto: «Freud vi è trattato come un bugiardo, falsario,
plagiario, dissimulatore, propagandista, padre incestuoso. Viene
presentato come una sorta di dittatore che ha ingannato il mondo
intero con una dottrina falsa. La maggior parte delle grandi figure
della psicoanalisi, Melanie Klein, Anna Freud, Jaques Lacan, Bruno
Bettelheim, Françoise Dolto, è sbeffeggiata in un linguaggio povero
e volgare e a colpi di affermazioni false e senza fondamento. Tutti i
movimenti psicoanalitici sono denunciati come luoghi di corruzione e
gli analisti sono accusati di essere dei criminali». Poiché nel
giro di ore e di pochissimi giorni su Internet e sui giornali
francesi si scatenò un frenetico botta e risposta - «Pour ou
contre le Livre noir?» - c’è da chiedersi come questi
interlocutori avessero trovato il tempo per leggersi le centinaia di
pagine e discuterne a ragion veduta. Si ha l’impressione che lo
psicoanalista, di fronte alle critiche di questo tipo, si fermi alla
superficie dell’esposizione, prenda a pretesto le battute e le
parodie e sposti la discussione a quel livello, rifiutando di
affrontare la sostanza dell’argomentazione. Prendiamo Lacan, di cui
si dice nel libro che «ha fatto proseliti a migliaia, ricevendo, in
un’epoca di sedute sempre più brevi e sempre più care, i
giornalisti e gli artisti più noti. Guru, mito, impostore, genio …».
Probabilmente una frase del genere fa irritare sia i tanti uditori
estasiati dei suoi “seminari”, sia chi ha sborsato migliaia di
franchi per un’analisi con lui. Però Mikkel Borch-Jacobsen, nel
suo capitolo, mostra come le tesi lacaniane siano imbevute del
pensiero di noti filosofi del Novecento. Quindi si potrebbe discutere
di questa demitizzazione di Lacan: se, al di là della forte
influenza di tali filosofie, rimanga un nucleo legato alla pratica
psicoterapeutica lacaniana. Certo, la frase finale di Borch-Jacobsen
non incoraggia una discussione pacata: «Ecco che cosa lascia
perplessi: non che Lacan sia stato un filosofo, ma che l’abbia
negato, ammantando con l’autorevolezza di una “pratica analitica”
completamente mitica gli ultimi concetti in voga. Gli intellettuali
francesi avrebbero pagato così tanto per cercare la verità del loro
desiderio sul suo divano se avessero saputo che potevano trovare la
stessa saggezza nelle edizioni tascabili di Kojève, di Heidegger o
di Blanchot?».
Proprio questo tipo di
affermazioni ironiche non è gradito, come non sono bene accolte
quelle lapidarie alla Frank J. Sulloway, che qui parla di «Freud,
tra criptobiologia e pseudoscienza» e conclude scrivendo: «Il vero
fallimento della psicoanalisi deriva dal palese rifiuto del metodo
scientifico. Una disciplina incapace di autocritica è destinata a
passare continuamente da un sistema di credenze pseudoscientifiche ad
un altro. Questa è, a mio avviso, la più tragica eredità che Freud
ci ha lasciato».
Vediamo quale sarà la
sorte del Libro nero (Fazi
2006, a cura di C. Mayer) in casa nostra. Sarà
controsbeffeggiato oppure se ne discuteranno almeno due o tre punti
cruciali (storici, come la manipolazione di famosi casi clinici;
teorico-metodologici, come il rapporto con le altre forme di
psicoterapia)? Forse sarà messa in atto la congiura del silenzio, la
stessa che toccò a Sebastiano Timpanaro quando osò, lui, un
filologo, scrivere sul Lapsus freudiano, nel 1974 (e del quale
vedi ora la bella raccolta curata da Alessandro Pagnini: La “fobìa
romana” e altri scritti su Freud e Meringer, ETS, Pisa).
“Il Sole 24Ore
Domenica”, 18 marzo 2007
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