Si svolse a Genova tra il
14 e il 15 agosto del 1892 il Congresso di fondazione del partito socialista in Italia, che in realtà in quel primo congresso si
chiamava Partito dei Lavoratori Italiani. Anzi di partiti dei
lavoratori italiani, con lo stesso nome, se ne fondarono due. Il
congresso infatti, secondo l'uso della “sinistra” fin dalla
rivoluzione francese, quando ancora non era chiamata così, si aprì
con una scissione. Tema della scissione fu la partecipazione del
costituendo partito alle elezioni. Gli anarchici erano contrari,
rifiutando lo Stato in quanto strumento di oppressione delle classi
lavoratrici, i socialisti favorevoli all'ipotesi di conquistare per
via elettorale il potere, convinti di poter trasformare lo Stato. La
contesa oratoria più vivace sul tema ebbe come protagonisti
l'avvocato Pietro Gori, un messinese trapiantato in Toscana,
anarchico, l'autore dell'inno Addio Lugano bella e Filippo
Turati anch'egli avvocato, impegnato da anni nel movimento operaio
milanese, tra l'altro autore dell'Inno dei Lavoratori (Su fratelli
su compagne).
I congressisti, delegati
di circoli, associazioni, partiti regionali, cooperative,
associazioni sindacali, camere del lavoro (c'è qualche incertezza
nel sistema di conteggio, ma il numero più probabile delle realtà
associative che avevano inviato delegati è 324), si divisero in due
gruppi.
I socialisti
“elettoralisti”, che erano in netta maggioranza, dopo la riunione
serale il 14 in una trattoria, l'indomani, 15 agosto 1892, convennero
nel padiglione sito nel giardino della Società dei Carabinieri,
lasciando agli anarchici la sala Sivori, ove il congresso era
iniziato. Si discusse e si approvò in mattinata il Programma del Partito dei Lavoratori Italiani e nel
pomeriggio lo Statuto che vennero collegati l'uno all'altro nel
documento finale del congresso.
Il congresso della sala Sivori fondò anch'esso un Partito dei Lavoratori, con un programma di radicale intransigenza, ma nel giro di pochi mesi questo cessò le proprie attività, essendo la forma partito estranea alla tradizione e al modo di pensare degli anarchici.
Ho tratto le notizie da
un opuscolo sui primi congressi del Partito Socialista (1892-1902),
pubblicato nel 1959 dalle Edizioni Avanti!, da cui riprendo
integralmente le ultime righe del verbale congressuale e il testo del
programma. (S.L.L.)
[…]
La seduta antimeridiana
si chiuse con la votazione per acclamazione del programma del
Partito.
Nella seduta pomeridiana,
nel corso della quale i congressisti si adunarono per il gran caldo
sotto il pergolato del giardino della Società dei Carabinieri,
abbandonando il padiglione, si discusse intorno allo statuto con la
partecipazione di Tanzi, Turati, Dell’Avalle, Ludovico, Fossati,
Cavagna, Masini, Lazzari, Bosco, Lulli, Prampolini, Frattini,
Cattaneo, Sartori, lori, Ancona, Martucci (di Bari), Sacco, De
Franceschi, Brando, Garibotti ed altri. Anche lo statuto fu infine
approvato.
La stesura definitiva del
programma e dello statuto del Partito dei Lavoratori Italiani risultò
essere la seguente:
CONSIDERANDO
che nel presente
ordinamento della società umana gli uomini sono costretti a vivere
in due classi; da un lato i lavoratori sfruttati, dall’altro ì
capitalisti detentori e monopolizzatori delle ricchezze sociali;
che i salariati d’ambo
i sessi, d’ogni parte e condizione, formano per la loro dipendenza
economica il proletariato, costretto ad uno stato di miseria,
d’inferiorità e di oppressione;
che tutti gli uomini,
purché concorrano secondo la loro forza a creare e a mantenere i
benefici della vita sociale, hanno lo stesso diritto a fruire di
cotesti benefici, primo dei quali la sicurezza sociale
dell'esistenza;
RICONOSCENDO
che gli attuali organismi
economico-sociali, difesi dall’odierno sistema politico,
rappresentano il predominio dei monopolizzatori delle ricchezze
sociali e naturali sulla classe lavoratrice;
che i lavoratori non
potranno conseguire la loro emancipazione se non mercé la
socializzazione dei mezzi di lavoro (terra, miniere,
fabbriche, mezzi di trasporto, ecc.) e la gestione della produzione;
RITENUTO
che lo scopo finale non
può raggiungersi che mediante l’azione del proletariato
organizzato in Partito di Classe, indipendentemente da
tutti gli altri partiti, esplicantesi sotto il doppio aspetto:
1) Della lotta di
mestieri per i miglioramenti immediati della vita operaia
(orari, salari, regolamenti di fabbrica, ecc.) lotta devoluta alle
Camere di Lavoro ed alle altre Associazioni di arti e mestieri.
2) Di una lotta più
ampia intesa a conquistare i poteri pubblici (Stato, Comuni,
Amministrazioni pubbliche, ecc.) per trasformarli, da strumenti che
oggi sono di oppressione e di sfruttamento, in uno strumento per
l’espropriazione economica e politica della classe dominante;
i lavoratori italiani,
che si propongono la emancipazione della propria classe, deliberano:
di costituirsi in
Partito, informato ai principi suesposti e retti dal
seguente Statuto.
[...]
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