Tra i ritagli trovo questo pezzetto da un “Cuore” (l'inserto “umoristico” e fumettato de “l'Unità”). L'anno è l'89, certamente prima della Bolognina. Che cos'è il comunismo era una rubrica di prima pagina, ove dei comunisti, assai diversi tra loro per età, esperienze, ruolo, davano una loro lettura della parola e dell'idea. Questa risposta è quella di Enrica Collotti Pischel, sinologa e storica della Cina, a lungo animatrice del Comitato Vietnam di Milano e dell'Associazione Italia-Vietnam. Una biblioteca di studi vietnamiti a lei intitolata è tuttora attiva a Torino. (S.L.L.)
Enrica Collotti Pischel |
Abito il
quartiere da cinquantanni. Milano, zona 10, il primo collegio di
Turati. Ricordo il quartiere operaio. Calzaturificio Forzinetti:
maioliche liberty e grate polverose. Puzza e stanzoni con tante
donne... Al mattino i pendolari in bicicletta. All'angolo
l'edicolante anarchica: i fascisti avevano bruciato l'edicola. A mio
padre un saluto ammiccante. Dopo il '42, a bassa voce, «compagno».
L'idraulico in casa di ringhiera: tra le foto dei morti, alcuni in
goffe divise di guerra, Lenin e Matteotti. Poi il 25, Aprile: in
strada vendono l'Unità e l'Italia libera.
I comunisti
del mio quartiere li conosco da sempre. Nel '45 ballavano nei
cortili: a mezzanotte l'«Internazionale». La domenica in un'osteria
l'orchestrina con il contrabbasso. Poi, nel '48 in un portone due
compagni insanguinati e ammanettati. Quando c'era bisogno, i
comunisti del mio quartiere uscivano con l'altoparlante su una
vecchia auto. Uscirono per l'alluvione del Polesine, per la legge
truffa, per Reggio Emilia nel '60 e dopo piazza Fontana, nel grande
fiume di gente da Sesto verso i funerali in Duomo.
A me
quell'altoparlante dei comunisti dava un grande senso di difesa.
Personalmente non ero nel Pci: ero stata negli Anni cinquanta nella
Fgci, quella di Enrico Berlinguer. Poi Budapest e Praga, i tatticismi
e le reticenze, la polemica con i cinesi. E il '68. Ma i comunisti
del mio quartiere con il loro altoparlante mi facevano sentire
sicura, come chi sa che la trincea alle spalle è ancora presidiata
da truppe fidate.
Nel '77 sono
entrata nel Pci, quello di Enrico Berlinguer: i comunisti del mio
quartiere mi aspettavano da sempre. Poi, pulendo la sezione, ritrovai
il vecchio altoparlante. Negli ultimi anni l'abbiamo adoperato poco,
ma siamo vitali, aperti a nuovi problemi e figure, tante donne.
Diversi tra noi, diversi dal nostro passato.
Anche il
quartiere è diverso: case alte, ma non se ne trovano: forse
bisognerà spegnere i riscaldamenti e i pendolari arrivano in grandi
ingorghi di macchine. Il giardinetto è pieno di siringhe. Aspettando
il primo metrò, i giornali più letti sono in arabo. Una sera un
marocchino vecchio, i capelli ricci tutti bianchi: «Compra signora,
te buona cristiana». «No, guardi, comunista». Non capisce: saluta
senza ammiccamento.
Che cosa è
il comunismo non lo so più: ho creduto di saperlo troppe volte.
Forse non so più bene neppure che cos'è il capitalismo. Ma so che
quella trincea che i comunisti del mio quartiere difendevano con il
loro altoparlante ha ancora bisogno di essere presidiata. Da noi e
magari anche da qualcun altro. Ci sono: bisogna riuscire a chiamarli.
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