27.4.14

L'elefante con le ruote. Una lettera al figlio di Antonio Gramsci

La lettera, senza data, proviene dal carcere di Turi ed è diretta in Unione Sovietica al figlio Delio. L'anno della sua stesura dovrebbe essere il 1935 o 1936, quando il ragazzo aveva 11 o 12 anni. (S.L.L.)
Carissimo Delio,
io non so se l’elefante può (o poteva) evolversi fino a diventare sulla terra un essere capace, come l’uomo, di dominare le forze della natura e di servirsene per i suoi propri fini, in astratto. Concretamente l’elefante non ha avuto lo stesso sviluppo dell’uomo e certo non l’avrà piú perché l’uomo si serve dell’elefante, mentre l’elefante non può servirsi dell’uomo, neanche per mangiarselo. Ciò che pensi delle possibilità dell’elefante, di adattare cioè le sue zampe per il lavoro pratico, non corrisponde alla realtà: infatti l’elefante ha come elemento «tecnico» la proboscide e dal punto di vista «elefantesco» se ne serve a meraviglia per strappare alberi, per difendersi in certe circostanze ecc.
Tu mi avevi scritto che ti piaceva la storia e cosí siamo giunti alla proboscide dell’elefante. Io credo che per studiare la storia non bisogna troppo fantasticare su ciò che sarebbe successo «se»... (se l’elefante si fosse drizzato sulle gambe posteriori per dare maggior sviluppo al cervello, se... se...; e se l’elefante fosse nato con le ruote? sarebbe stato un tranvai naturale! e se avesse avuto le ali? Immagina un’invasione di elefanti come quella delle cavallette!).
È già molto difficile studiare la storia realmente svoltasi, perché di una gran parte di essa si è perduto ogni documento; come si può perdere il tempo a stabilire ipotesi che non hanno fondamento? E poi nelle tue ipotesi c’è troppo antropomorfismo. Perché l’elefante doveva evolversi come l’uomo? Chi sa se qualche saggio vecchio elefante o qualche giovinetto ghiribizzoso elefantino, dal suo punto di vista, non fa delle ipotesi sul perché l’uomo non è diventato un proboscidato!
Aspetto una tua lunga lettera su questo argomento.
Qui non ha fatto molto freddo. Ci sono sempre dei fiori sbocciati. Non ho con me nessun uccelletto, ma vedo sempre nel cortile due coppie di merli e i gatti che si appiattano per prenderli; ma i merli non pare se ne preoccupino e sono sempre allegri ed eleganti nelle loro mosse.
Ti abbraccio.

ANTONIO

In Gramsci. Le sue idee nel nostro tempo, Editrice L'Unità, 1987

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