Una foto ufficiale dell'Imperatore d'Austria Francesco Giuseppe |
All'inizio era la
Cacania, cioè l'Impero absburgico. Spiega Robert Musìl in un passo
famosissimo del suo Uomo senza qualità: «Per iscritto si
chiamava Monarchia Austro-Ungarica, ma a voce Austria. Secondo la
Costituzione era uno Stato liberale, ma aveva un governo clericale.
Il governo era clericale, ma lo spirito liberale regnava nel paese.
Davanti alla legge tutti i cittadini erano uguali, ma non tutti erano
cittadini. C'era un Parlamento, il quale faceva un uso così
eccessivo della propria libertà che lo si teneva quasi sempre
chiuso». Ingomma, per quanto riguarda «la fantasia passiva degli
spazi non riempiti», dice Musil, «la Cacania era lo Stato più
progredito del mondo, anche se il mondo non lo sapeva ancora».
Fino agli ultimi decenni
dell'Ottocento la Cacania, e la sua capitale Vienna, era stata un
posto magari politicamente esagitato, ma culturalmente poco
significativo, bonariamente conservatore. La prima generazione degli
innovatori fu quella di Gustav Klimt, Peter Altemberg, Ludwig
Boltzmann, Sigmund Freud, Theodor Herzl, Ernst Mach, Arthur
Schnitzler, Gustav Mahler: con tutte le apparenze di solidi borghesi
nati a metà dell'Ottocento, spesso ebrei della seconda generazione
occidentalizzata, che diedero un impulso decisivo alla rottura del
blocco culturale ottocentesco.
La generazione successiva
è forse ancor più notevole: musicisti come Anton Webern e Arnold
Schonberg; scrittori come Musil, Stephen Zweig, Karl Kraus, Hermann
Broch; filosofi come Ludwig Wittgenstein, Moritz Schlick e Otto
Weininger; economisti come Joseph Schumpeter; poeti come Georg Trakl;
architetti come Adolph Loos; pittori come Egon Schiele, Alfred Kubin,
Oskar Kokoschka. È questa la generazione della «Finis Austriae»,
dell'«Apocalisse gioiosa» della dissoluzione dell'impero cacanese.
Si può poi parlare di
una terza generazione culturale mitteleuropea, quella degli artisti,
ormai impossibilitati a godere dei piaceri intellettuali e del
benessere dell'Austria Felix. Sono tipi assai diversi: Joseph
Roth, Karl Popper, Josef von Sternberg, Erich von Stroheim, Otto
Preminger, Billy Wilder, Fritz Lang (metà del grande cinema di
Hollywood viene dal Prater...), Wilhelm Reich, Bruno Bettelheim,
Konrad Lorenz e tanti altri.
Dell'Impero Vienna era il
centro ma importantissima la periferia sterminata. Praga è la patria
di Rilke, Kafka, Gustav Meyrink che scrivevano in tedesco, ma anche
di un'importante letteratura in lingua ceca, da Jaroslav Hasek,
l'autore di II buon soldato Schweik a quel Karl Capek che
inventò la parola “Robot”
con la sua commedia Rur. La letteratura slovena incomincia con
Ivan Cankar; a Trieste Italo Svevo e Umberto Saba sono senza dubbio
scrittori segnati da un'origine mitteleuropea. Influssi viennesi si
sparsero in Svizzera, Germania, Polonia.
La grande ondata
migratoria degli ebrei russi e polacchi verso occidente è il
movimento decisivo della cultura mitteleuropea. Se si tracciasse una
pianta dei movimenti della maggior parte delle famiglie di cui
abbiamo citato i nomi, si vedrebbero le origini nella pianura
galiziana, un movimento in una o più tappe attraverso il territorio
austriaco, e poi la fine a Ovest, in Francia, Germania, Inghilterra,
America: così è più o meno per Freud, Roth, Kafka, Rilke e tanti
altri. Anche da questo punto di vista la Mitteleuropa è un'entità
fluida, un movimento da Oriente verso Occidente.
“L'Europeo”, 9 maggio
1987
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