Matilde Serao |
Sventrare Napoli? Credete
che basterà? Vi lusingate che basteranno tre, quattro strade,
attraverso i quartieri popolari, per salvarli? Vedrete, vedrete,
quando gli studi, per questa santa opera di redenzione, saranno
compiuti, quale verità fulgidissima risulterà: bisogna rifare.
Voi non potrete
sicuramente lasciare in piedi le case che sono lesionate dalla
umidità, dove al pianterreno vi è il fango e all'ultimo piano si
brucia nell'estate e si gela nell'inverno; dove le scale sono
ricettacoli d'immondizie; nei cui pozzi, da cui si attinge acqua così
penosamente, vanno a cadere tutti i rifiuti umani e tutti gli animali
morti; e che hanno tutto un pot-bouille, una cosidetta vinella, una
corticina interna in cui le serve buttano tutto; il cui sistema di
latrine, quando ci sono, resiste a qualunque disinfezione.
Voi non potrete lasciare
in piedi le case, nelle cui piccole stanze sono agglomerate mai meno
di quattro persone, dove vi sono galline e piccioni, gatti sfiancati
e cani lebbrosi; case in cui si cucina in uno stambugio, si mangia
nella stanza da letto e si muore nella medesima stanza, dove altri
dormono e mangiano, case, i cui sottoscala, pure abitati da gente
umana, rassomigliano agli antichi, ora aboliti, carceri criminali
della Vicaria, sotto il livello del suolo.
Voi non potrete
sicuramente lasciare in piedi i cavalcavia che congiungono le case;
né quelle ignobili costruzioni di legno che si sospendono a certe
muraglie di case, né quei portoncini angusti, nè vicoli ciechi, nè
quegli angiporti, nè quei supportici; voi non potrete lasciare in
piedi i fondaci.
Voi non potrete lasciare
in piedi certe case dove al primo piano è un'agenzia di pegni, al
secondo si affittano camere a studenti, al terzo si fabbricano i
fuochi artificiali: certe altre dove al pianterreno vi è un
bigliardo, al primo piano un albergo dove si pagano tre soldi per
notte, al secondo una raccolta di poverette, al terzo un deposito di
cenci.
Per distruggere la
corruzione materiale e quella morale, per rifare la salute e la
coscienza a quella povera gente, per insegnare loro come si vive -
essi sanno morire, come avete visto! - per dir loro che essi sono
fratelli nostri, che noi li amiamo efficacemente, che vogliamo
salvarli, non basta sventrare Napoli: bisogna quasi tutta rifarla.
Il ventre di Napoli,
Edizioni Einaudi – l'Unità, 1984, pag. 8-9, prima ed.1984)
Nessun commento:
Posta un commento