6.4.14

Europa (Jacopo Manna - micropolis marzo 2014)

Tiziano Vecellio, Il ratto d'Europa, Museo Stewart Gardner, Boston
Secondo il mito, Europa era il nome della figlia di un re fenicio. Zeus, invaghitosi di lei, si trasformò in un bellissimo toro bianco e, convintala a montargli in groppa, la rapì portandola attraverso il mare fino a Creta: lì da lei ebbe vari figli fra cui Minosse, destinato a regnare sull’isola. Questo dice la versione più antica. Erodoto però già duemila e cinquecento anni fa la raccontava in tutt’altro modo: la principessa Europa in realtà sarebbe stata rapita da una spedizione di marinai cretesi che volevano pareggiare i conti coi fenici i quali in precedenza, approdati presso Argo per vendere mercanzie, avevano trascinato sulla loro imbarcazione Io, figlia del re del luogo. Pareggio provvisorio (nelle faide i conti non tornano mai): a riaprire le ostilità fu il principe troiano Paride che portò via per nave Elena, moglie del greco Menelao. Il quale, contro ogni aspettativa, rispose organizzando una spedizione armata. La guerra più famosa del mondo stava per iniziare.
Navi fenicie, navi cretesi, navi troiane: al centro di questi miti ci sono sempre un mare, percorso in tutte le direzioni, e i due mondi che questo mare separa e definisce: Erodoto per la prima volta li chiama coi nomi che usiamo ancora oggi, Europa ed Asia. Ai suoi occhi il loro conflitto è insanabile perché originario: la principessa Europa veniva da Tiro, dal vicino Oriente, ed è con la forza che fu portata in quell’isola del mare greco. Il primo nucleo del continente Europa nasce così da un atto di forza, una rappresaglia; ed è attraverso altri atti di forza che il continente forma e definisce se stesso, rispondendo colpo su colpo alle reazioni violente delle popolazioni di là dal mare. Si comincia con un rapimento improvvisato e si finisce con le armate dei principi achei disposte sotto le mura di Troia: il poema delle loro gesta, l’Iliade, che di questi principi e delle loro schiere elenca i nomi in una rassegna minuziosa ed interminabile, è l’opera con cui nasce la letteratura europea.
Cos’è, oggi, l’Europa? Un’entità bifronte. Da un lato appare dispersa, sfuggente, in perenne attesa che i popoli da cui è (o dovrebbe essere) composta ne trovino una definizione condivisa. Dall’altro invece è fin troppo presente nella voce inesorabile dei decreti e delle sanzioni, delle norme che non si discutono e dei vincoli che non si contrattano. “Ce lo chiede l’Europa”. Quale Europa? Quella delle grandi centrali di potere, istituzionale e finanziario? O quella di chi lavora? O quella di chi il lavoro lo cerca, e per trovarlo attraversa acque assai più pericolose del mare varcato tanto tempo fa da un misterioso toro bianco che portava in groppa una bella principessa fenicia?
Erodoto è il primo a raccontare i miti fondativi e, insieme, le loro origini umane; sa bene che dietro l’incanto delle leggende stanno fatti assai meno variopinti, ci insegna ancora oggi a distinguere l’ordine dei discorsi, a non separarli dalla cultura che li ha prodotti e che ne definisce il senso. Dovremmo ricordarcene più spesso.


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