Lo chiamavano Joe Banana
per certe sue improbabili cravatte, ma il comunista Luigi Petroselli,
sindaco di Roma tra il 1976 e il 1981, è ricordato come il più
amato inquilino del Campidoglio nell'ultimo cinquantennio.
L'articolo che segue è – formalmente – recensione di un volume rievocativo pubblicato nel trentennale della morte, nel 2011, ma è anche e soprattutto un ricordo commosso di colui che volle davvero essere il sindaco di tutti i romani, non nell'ambigua significazione “trasversale” oggi corrente, ma nel senso dell'inclusione nella “città” della gente di borgata, che nefaste politiche urbanistiche avevano tenuto ai margini o addirittura fuori dal perimetro dei diritti.
Del testo è autore il caro Renato Nicolini, l'architetto comunista che da assessore inventò l'Estate Romana, il quale nel 2012 – anche lui – se n'è andato, lasciando in molti il rimpianto per uno dei pochi intellettuali che continuava a pensare Roma. Proprio in questo scorcio di 2014 è uscito il docufilm Il sindaco Petroselli di Andrea Rusich, costruito soprattutto con materiali dell'Archivio del Movimento operaio e democratico, un altro omaggio all'indimenticato dirigente comunista. Chi lo ha visto riferisce che ha ritmo e capacità di coinvolgimento. (S.L.L.)
L'articolo che segue è – formalmente – recensione di un volume rievocativo pubblicato nel trentennale della morte, nel 2011, ma è anche e soprattutto un ricordo commosso di colui che volle davvero essere il sindaco di tutti i romani, non nell'ambigua significazione “trasversale” oggi corrente, ma nel senso dell'inclusione nella “città” della gente di borgata, che nefaste politiche urbanistiche avevano tenuto ai margini o addirittura fuori dal perimetro dei diritti.
Del testo è autore il caro Renato Nicolini, l'architetto comunista che da assessore inventò l'Estate Romana, il quale nel 2012 – anche lui – se n'è andato, lasciando in molti il rimpianto per uno dei pochi intellettuali che continuava a pensare Roma. Proprio in questo scorcio di 2014 è uscito il docufilm Il sindaco Petroselli di Andrea Rusich, costruito soprattutto con materiali dell'Archivio del Movimento operaio e democratico, un altro omaggio all'indimenticato dirigente comunista. Chi lo ha visto riferisce che ha ritmo e capacità di coinvolgimento. (S.L.L.)
Le edizioni Castelvecchi
hanno commissionato, a Vezio De Lucia, scelto perché sul web risulta
unico biografo di Luigi Petroselli (a parte la biografia di Angela
Giovagnoli, edita dai Ds di Viterbo, con un segno di partito comune
al volume di scritti e discorsi curato per il gruppo del Pci-Pds al
Comune di Roma da Piero Salvagni), e ad Elia Baffoni, con tempi da
instant book per non perdere il trentennale della morte, 7
ottobre 2011, il libro La Roma di Petroselli. Il Sindaco più
amato ed il sogno spezzato di una città per tutti. Il bel volume
che ne è uscito è importante, in primo luogo perché colma
un’inspiegabile lacuna. Paradossalmente, la lotta interna al Pd non
risparmia neppure colui che volle farsi, da dirigente di Partito,
sindaco di tutti, innovandone davvero il ruolo con un decennio
d’anticipo sulle mitologie dell’«elezione diretta». Qualche eco
se n’è sentita nell’ostilità e nell’imbarazzo (o,
simmetricamente, in un eccesso di presenzialismo) di qualche ex
Popolare anche in occasione del trentennale.
De Lucia e Baffoni si
librano giustamente sopra le miserie del cattivo presente,
inquadrando l’idea per Roma di Petroselli, il sindaco della
demolizione delle baracche e del recupero delle borgate, del Progetto
Fori e dell’Estate romana, della lotta alla speculazione fondiaria
e dell’apertura (fino ad allora troppe volte rimandata) della Linea
A della metropolitana, tra la storia dei comunisti romani negli anni
dei sette sindaci democristiani e quello che sarebbe seguito alla sua
prematura ed improvvisa morte.
Il giudizio è netto,
sintetizzato dal titolo del capitolo che segue il commosso ricordo
della grande mobilitazione popolare per i funerali del Sindaco «morto
con le scarpe ai piedi»: «il tramonto dell’urbanistica». Non
solo Signorello e Giubilo, ma Rutelli e lo stesso Veltroni hanno
preferito allineare Roma, all’insegna del pianificar facendo
e di quei diritti edificatori all’esatto opposto dell’ispirazione
dei tentativi di riforma urbanistica di Sullo e Pieraccini negli anni
Sessanta, all’urbanistica di rito ambrosiano, senza aver
nemmeno tentare di creare le condizioni perché, anche nella
«contrattazione», l’iniziativa restasse nelle mani dell’Ente
locale.
Il consumo di suolo, la
privatizzazione simbolicamente importante di parti di Villa Borghese
(Globe Theatre, Casina
Valadier), le comparsate un po’ improvvisate delle archistar, il
mega parcheggio del Gianicolo e quello (per
fortuna rimasto progetto) del Pincio, ne sono state le conseguenze.
Poi, per colmo di disgrazia, è arrivato Alemanno, che ha dato
l’assalto (ideologico) proprio a Torbellamonaca, il quartiere
soprattutto voluto dal sindaco Petroselli.
Dal volume di De Lucia e
Baffoni emerge la necessità di ulteriori indagini storiche, non solo
sull’impoverimento del «progetto Fori» ma – ad esempio - su
quella seconda conferenza urbanistica del Campidoglio (marzo 1981),
dove l’assessore Buffa propone un radicale cambiamento di strategia
per la realizzazione dello Sdo, abbandonando l’idea dell’esproprio
in favore «dello strumento della lottizzazione convenzionata».
Qualche voce – che De Lucia e Baffoni peraltro non raccolgono –
parlò allora dell’azione di una «Banda dei Quattro» interna
all’amministrazione ed al Pci, non precisamente in sintonia col
Sindaco.
Emerge però soprattutto
l’imprevedibile attualità della linea politica di Petroselli
ancora trent’anni dopo, idee ed esperienze non dimenticate dalla
città, soprattutto al confronto con la rapida evanescenza delle
Notti Bianche e del modello Roma del quindicennio Rutelli –
Veltroni. L’idea di una cultura condivisa, che rafforzi nella
popolazione emarginata il sentimento di appartenenza a un’unica
città, che non insegua gli eventi ma dia piuttosto agli eventi il
ritmo della vita quotidiana; di un centro storico (di cui l’area
dei Fori è il riassunto e il simbolo) non abbandonato alla
gentrificazione mercantile ed ai gas del traffico, ma luogo
internazionale di formazione e di alti studi; la trasformazione
dell’informe periferia romana in una moderna città metropolitana:
erano allora, e sono tanto di più oggi, i contenuti da cui
ripartire.
“il manifesto”, 3
novembre 2011
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