6.4.14

Il Sindaco più amato. Renato Nicolini ricorda Luigi Petroselli

Lo chiamavano Joe Banana per certe sue improbabili cravatte, ma il comunista Luigi Petroselli, sindaco di Roma tra il 1976 e il 1981, è ricordato come il più amato inquilino del Campidoglio nell'ultimo cinquantennio. 
L'articolo che segue è – formalmente – recensione di un volume rievocativo pubblicato nel trentennale della morte, nel 2011, ma è anche e soprattutto un ricordo commosso di colui che volle davvero essere il sindaco di tutti i romani, non nell'ambigua significazione “trasversale” oggi corrente, ma nel senso dell'inclusione nella “città” della gente di borgata, che nefaste politiche urbanistiche avevano tenuto ai margini o addirittura fuori dal perimetro dei diritti. 
Del testo è autore il caro Renato Nicolini, l'architetto comunista che da assessore inventò l'Estate Romana, il quale nel 2012 – anche lui – se n'è andato, lasciando in molti il rimpianto per uno dei pochi intellettuali che continuava a pensare Roma. Proprio in questo scorcio di 2014 è uscito il docufilm Il sindaco Petroselli di Andrea Rusich, costruito soprattutto con materiali dell'Archivio del Movimento operaio e democratico, un altro omaggio all'indimenticato dirigente comunista. Chi lo ha visto riferisce che ha ritmo e capacità di coinvolgimento. (S.L.L.)

Le edizioni Castelvecchi hanno commissionato, a Vezio De Lucia, scelto perché sul web risulta unico biografo di Luigi Petroselli (a parte la biografia di Angela Giovagnoli, edita dai Ds di Viterbo, con un segno di partito comune al volume di scritti e discorsi curato per il gruppo del Pci-Pds al Comune di Roma da Piero Salvagni), e ad Elia Baffoni, con tempi da instant book per non perdere il trentennale della morte, 7 ottobre 2011, il libro La Roma di Petroselli. Il Sindaco più amato ed il sogno spezzato di una città per tutti. Il bel volume che ne è uscito è importante, in primo luogo perché colma un’inspiegabile lacuna. Paradossalmente, la lotta interna al Pd non risparmia neppure colui che volle farsi, da dirigente di Partito, sindaco di tutti, innovandone davvero il ruolo con un decennio d’anticipo sulle mitologie dell’«elezione diretta». Qualche eco se n’è sentita nell’ostilità e nell’imbarazzo (o, simmetricamente, in un eccesso di presenzialismo) di qualche ex Popolare anche in occasione del trentennale.
De Lucia e Baffoni si librano giustamente sopra le miserie del cattivo presente, inquadrando l’idea per Roma di Petroselli, il sindaco della demolizione delle baracche e del recupero delle borgate, del Progetto Fori e dell’Estate romana, della lotta alla speculazione fondiaria e dell’apertura (fino ad allora troppe volte rimandata) della Linea A della metropolitana, tra la storia dei comunisti romani negli anni dei sette sindaci democristiani e quello che sarebbe seguito alla sua prematura ed improvvisa morte.
Il giudizio è netto, sintetizzato dal titolo del capitolo che segue il commosso ricordo della grande mobilitazione popolare per i funerali del Sindaco «morto con le scarpe ai piedi»: «il tramonto dell’urbanistica». Non solo Signorello e Giubilo, ma Rutelli e lo stesso Veltroni hanno preferito allineare Roma, all’insegna del pianificar facendo e di quei diritti edificatori all’esatto opposto dell’ispirazione dei tentativi di riforma urbanistica di Sullo e Pieraccini negli anni Sessanta, all’urbanistica di rito ambrosiano, senza aver nemmeno tentare di creare le condizioni perché, anche nella «contrattazione», l’iniziativa restasse nelle mani dell’Ente locale.
Il consumo di suolo, la privatizzazione simbolicamente importante di parti di Villa Borghese (Globe Theatre, Casina Valadier), le comparsate un po’ improvvisate delle archistar, il mega parcheggio del Gianicolo e quello (per fortuna rimasto progetto) del Pincio, ne sono state le conseguenze. Poi, per colmo di disgrazia, è arrivato Alemanno, che ha dato l’assalto (ideologico) proprio a Torbellamonaca, il quartiere soprattutto voluto dal sindaco Petroselli.
Dal volume di De Lucia e Baffoni emerge la necessità di ulteriori indagini storiche, non solo sull’impoverimento del «progetto Fori» ma – ad esempio - su quella seconda conferenza urbanistica del Campidoglio (marzo 1981), dove l’assessore Buffa propone un radicale cambiamento di strategia per la realizzazione dello Sdo, abbandonando l’idea dell’esproprio in favore «dello strumento della lottizzazione convenzionata». Qualche voce – che De Lucia e Baffoni peraltro non raccolgono – parlò allora dell’azione di una «Banda dei Quattro» interna all’amministrazione ed al Pci, non precisamente in sintonia col Sindaco.
Emerge però soprattutto l’imprevedibile attualità della linea politica di Petroselli ancora trent’anni dopo, idee ed esperienze non dimenticate dalla città, soprattutto al confronto con la rapida evanescenza delle Notti Bianche e del modello Roma del quindicennio Rutelli – Veltroni. L’idea di una cultura condivisa, che rafforzi nella popolazione emarginata il sentimento di appartenenza a un’unica città, che non insegua gli eventi ma dia piuttosto agli eventi il ritmo della vita quotidiana; di un centro storico (di cui l’area dei Fori è il riassunto e il simbolo) non abbandonato alla gentrificazione mercantile ed ai gas del traffico, ma luogo internazionale di formazione e di alti studi; la trasformazione dell’informe periferia romana in una moderna città metropolitana: erano allora, e sono tanto di più oggi, i contenuti da cui ripartire.


“il manifesto”, 3 novembre 2011

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