«I piccoli gesti
quotidiani, a cosa servono? Non spostano nulla…». E’ una critica
politica diffusa alle azioni che ognuno di noi può fare per aiutare
il pianeta: risparmiare energia, consumare prodotti locali e cibi
organici, partecipare a gruppi di acquisto solidale e a bilanci di
giustizia, coltivare un orto, non sprecare, ridurre i consumi, usare
le mani invece invece delle tanta macchinette, tornare a camminare,
andare in bici, scegliere pannolini di tessuto e non gli usa e getta,
costruire una casa secondo la bioedilizia, usare fonti di energia
rinnovabili, fare la raccolta differenziata, riciclare, ridare valore
a medicine tradizionali e così via.
Per i protagonisti delle
lotte ecologiche e solidali contemporanee l’azione individuale, dei
piccoli gruppi e delle reti che costruiscono, hanno un valore e il
cambiamento comincia già da oggi. Nei tempi di rapide trasformazioni
la gente comune diventa soggetto e le scelte individuali contano
(Eduard Pestel, Oltre i limiti dello sviluppo).
Mutare abitudini e stili
di vita è sempre di più preliminare per la difesa del territorio e
per creare con altri pratiche virtuose alternative, ma queste
modalità sono poco riconoscibili da schemi concettuali che danno
valore politico soltanto a soggettività e a forme di lotta
codificate dalla politica tradizionale, conservatrice o
riformista-rivoluzionaria, che con grande fatica si è aperta perfino
al ruolo più che evidente dei nuovi mezzi di comunicazione. Sono le
"trasformazioni silenziose" studiate dal sinologo Francois
Jullien, cambiamenti lenti e regolari che mutano la realtà ma che
gli occidentali non riescono a percepire.
I movimenti e le
rivoluzioni non nascono come i funghi. Il cambiamento nella vita
personale apre la mente e dona una forza che alimenta chi nel mondo
tenta di incarnare intuizioni, idee nuove e saperi antichi,
depotenziando la società che si contesta, spostando le energie
dal"“contro" al "per". Non è la coerenza
chiesta al militante o al discepolo. E’ voglia di sperimentare, di
vivere quel che si intuisce senza aspettare il crollo del sistema o
la vittoria elettorale di una sinistra immaginaria. C’è la spinta
a fare qualcosa da subito. Non si chiede, si fa. Pratiche diverse
diventano lievito per la società civile, creano forme più adeguate
ai tempi e soluzioni per i problemi esplosi in ogni campo dell’agire
umano.
Vengono sperimentate da
pionieri in un contesto che può essere personale, locale e
planetario. Si ricostruiscono valori, si definisce una nuova cultura.
Il cambiamento culturale precede sempre i grandi cambiamenti storici.
Anche per lo psicologo junghiano Ernst Bernhardt nelle epoche di
transizione il singolo anticipa lo sviluppo generale. Descrive il
cambiamento personale secondo due modalità, a stella marina e a
valanga. I gesti quotidiani costruiscono il rivoltarsi della stella
marina, movimento dopo movimento, la valanga precipita improvvisa. Ma
la prima modalità è nelle possibilità di ognuno di noi. Sono
«movimenti non appariscenti, le piccole cose che abbiamo ancora in
mano e che possiamo padroneggiare ». Così per il cambiamento
sociale. Il cittadino ecologico assume la responsabilità civica
verso l’ambiente (Andrew Dobson, Citinzenship and the
Environment) e decide di vivere una vita sobria e solidale.
“il manifesto”, 2
novembre 2011
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