10.4.14

Piccoli gesti, grandi progetti (Giuseppina Ciuffreda)

«I piccoli gesti quotidiani, a cosa servono? Non spostano nulla…». E’ una critica politica diffusa alle azioni che ognuno di noi può fare per aiutare il pianeta: risparmiare energia, consumare prodotti locali e cibi organici, partecipare a gruppi di acquisto solidale e a bilanci di giustizia, coltivare un orto, non sprecare, ridurre i consumi, usare le mani invece invece delle tanta macchinette, tornare a camminare, andare in bici, scegliere pannolini di tessuto e non gli usa e getta, costruire una casa secondo la bioedilizia, usare fonti di energia rinnovabili, fare la raccolta differenziata, riciclare, ridare valore a medicine tradizionali e così via.
Per i protagonisti delle lotte ecologiche e solidali contemporanee l’azione individuale, dei piccoli gruppi e delle reti che costruiscono, hanno un valore e il cambiamento comincia già da oggi. Nei tempi di rapide trasformazioni la gente comune diventa soggetto e le scelte individuali contano (Eduard Pestel, Oltre i limiti dello sviluppo).
Mutare abitudini e stili di vita è sempre di più preliminare per la difesa del territorio e per creare con altri pratiche virtuose alternative, ma queste modalità sono poco riconoscibili da schemi concettuali che danno valore politico soltanto a soggettività e a forme di lotta codificate dalla politica tradizionale, conservatrice o riformista-rivoluzionaria, che con grande fatica si è aperta perfino al ruolo più che evidente dei nuovi mezzi di comunicazione. Sono le "trasformazioni silenziose" studiate dal sinologo Francois Jullien, cambiamenti lenti e regolari che mutano la realtà ma che gli occidentali non riescono a percepire.
I movimenti e le rivoluzioni non nascono come i funghi. Il cambiamento nella vita personale apre la mente e dona una forza che alimenta chi nel mondo tenta di incarnare intuizioni, idee nuove e saperi antichi, depotenziando la società che si contesta, spostando le energie dal"“contro" al "per". Non è la coerenza chiesta al militante o al discepolo. E’ voglia di sperimentare, di vivere quel che si intuisce senza aspettare il crollo del sistema o la vittoria elettorale di una sinistra immaginaria. C’è la spinta a fare qualcosa da subito. Non si chiede, si fa. Pratiche diverse diventano lievito per la società civile, creano forme più adeguate ai tempi e soluzioni per i problemi esplosi in ogni campo dell’agire umano.
Vengono sperimentate da pionieri in un contesto che può essere personale, locale e planetario. Si ricostruiscono valori, si definisce una nuova cultura. Il cambiamento culturale precede sempre i grandi cambiamenti storici. Anche per lo psicologo junghiano Ernst Bernhardt nelle epoche di transizione il singolo anticipa lo sviluppo generale. Descrive il cambiamento personale secondo due modalità, a stella marina e a valanga. I gesti quotidiani costruiscono il rivoltarsi della stella marina, movimento dopo movimento, la valanga precipita improvvisa. Ma la prima modalità è nelle possibilità di ognuno di noi. Sono «movimenti non appariscenti, le piccole cose che abbiamo ancora in mano e che possiamo padroneggiare ». Così per il cambiamento sociale. Il cittadino ecologico assume la responsabilità civica verso l’ambiente (Andrew Dobson, Citinzenship and the Environment) e decide di vivere una vita sobria e solidale.


“il manifesto”, 2 novembre 2011

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