6.4.14

Slot in Umbria, un torbido business (Fabrizio Ricci - micropolis marzo 2014)

“Gli sparo in bocca ed è finita lì”. La frase, ormai celebre, è stata intercettata in una telefonata di Nicola Femia, detto “Rocco”, calabrese trapiantato da tempo a Ravenna, recentemente rinviato a giudizio con l'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso nell'ambito dell'indagine “Black Monkey”, della procura di Bologna, sicuramente uno dei più grossi processi per associazione mafiosa mai istruiti nella vicina Emilia Romagna. Oggetto delle attenzioni del boss della 'ndrangheta, ritenuto affiliato alla cosca Mazzaferro di Marina di Gioiosa Jonica (Rc), è il giornalista Giovanni Tizian, colpevole di aver alzato il livello di attenzione sul business torbido del gioco d'azzardo nella sua regione.
Ebbene, Femia, da qualche tempo, ha trovato spazio (non molto a dire il vero) anche nelle cronache locali dell'Umbria. Il tramite è Luigi Tancredi, imprenditore lucano del business dell'azzardo, soprattutto del gioco online (con il quale guadagna montagne di denaro), ma anche delle macchinette mangiasoldi, quelle che da qualche anno hanno ormai invaso la quasi totalità dei bar delle nostre città. Tancredi è ritenuto “un socio di fatto” di Femia ed è anche lui finito in diverse inchieste, tra cui quella denominata “Game Over” della procura di Potenza (sua città natale), che lo accusa di essere al vertice di un'associazione per delinquere, finalizzata alla truffa (attraverso l'utilizzo di slot machines truccate), all'esercizio del gioco d'azzardo abusivo e al riciclaggio di denaro. Nell'ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, il giudice Michela Tiziana Petrocelli dispone una serie di sequestri preventivi dei beni posseduti da Tancredi, che è accusato anche di un'ingente evasione fiscale, non avendo dichiarato redditi per quasi 8 milioni di euro. E qui entra in gioco l'Umbria, visto che tra questi beni troviamo la società “Peter Pan”, con sede a Trevi, alcuni immobili, ancora a Trevi e Bastia Umbra, soldi detenuti in conti correnti bancari a Foligno e una quota di un'altra società con sede a Perugia.
Insomma, il “re dei videopoker”, collegato secondo diverse procure a importanti esponenti delle mafie (non solo Femia, ma anche i Casalesi) ha messo radici anche nel Cuore Verde. Un fatto che merita senz'altro attenzione e preoccupazione. Il business del gioco d'azzardo è infatti sempre di più un vero affare per le mafie (si stimano almeno 41 clan che gesticono “la grande roulette”) che in questo settore fatturano ogni anno, secondo stime della Guardia di Finanza, qualcosa come 23 miliardi di euro. Una cifra enorme, se si pensa che il gioco “legale” nel suo complesso vale circa 88 miliardi (dato 2012) e che di tutti questi soldi nelle casse dell'erario ne entrano appena 8 di miliardi. Una percentuale bassissima (clamoroso lo spread con la tassazione del lavoro), che si è costantemente ridotta negli anni di “aziendalizzazione” del business dell'azzardo (nel 2004 all'erario andava circa il 30% del fatturato complessivo), mentre la quantità di denaro giocato è cresciuta all'inverosimile, con grande profitto dei privati e delle mafie, appunto. Secondo i dati raccolti da Daniele Poto nel dossier Azzardopoli 2.0, realizzato dall'associazione Libera, in otto anni la raccolta del settore giochi è quintuplicata. Provate a individuare un settore produttivo in Italia che abbia avuto questa proporzione di sviluppo.
E l'Umbria, ancora una volta, non è un'isola felice. I numeri stavolta li ha forniti la Regione, in una conferenza stampa tenuta lo scorso febbraio della vice presidente e assessore al welfare, Carla Casciari: 365 milioni di euro spesi dagli umbri nei primi sei mesi del 2013, il che significa due milioni al giorno, quasi 1.500 esercizi commerciali che ospitano 5.463 new slot, mentre 92 sono le sale videolottery (60 a Perugia e 32 a Terni). Al primo posto tra i giochi preferiti per gli umbri c’è il Gratta&Vinci, seguito da Lotto, scommesse sportive, gioco con le carte e infine, quelli online, che coinvolgono anche e soprattutto i minori.
Eccola un'altra nota dolente. Il gioco tra i minori. E' di nuovo Daniele Poto in Azzardopoli a riferire che la diffusione del gioco d’azzardo nei ragazzi cresce al ritmo del 13% l'anno. Tra le regioni, in testa c'è la Campania con il 57,8% di studenti “giocatori”, cui seguono Basilicata (57,6%), Puglia (57%), e poi Sicilia, Lazio, Abruzzo, Molise, Sardegna, Calabria e Umbria, tutte oltre il 50%.

Numeri e segnali poco confortanti, di fronte ai quali Libera ha deciso di mettersi in moto, anche in Umbria. Da una parte con il suo consueto e straordinario lavoro nelle scuole, culminato lo scorso 21 febbraio in una giornata al centro congressi Capitini di Perugia nella quale 550 ragazze e ragazzi degli istituti superiori della provincia hanno presentato i loro lavori (video, drammatizzazioni, rap, loghi contro il gioco d'azzardo e persino un questionario rivolto ai loro compagni di scuola); dall'altra, costruendo dal basso, grazie alle segnalazioni di cittadine, cittadini e diversi esercenti, una mappa (Google-map) dei bar senza slot di Perugia. Un'idea mutuata da un collettivo di Pavia (i “Senzaslot” appunto) e riprodotta a livello locale, con risultati molto significativi. Ad oggi, sono 40 i puntini rossi sulla mappa, tutti luoghi dove si può andare a bere un caffè senza dover rischiare di assistere nel frattempo al dramma di un pensionato o di una disoccupata che dilapida i suoi pochi averi in una macchinetta mangiasoldi. Volete mettere?

Nessun commento:

statistiche