7.8.15

Fate i chirurghi. Un corsivo di Fortebraccio (1975)

Chi ci conosce (e lo deve avere capito anche chi non ci conosce personalmente) sa che noi non vorremmo mai che nessuno morisse. Gli uomini li vorremmo immortali (ci sarebbe l’inconveniente di Tanassi, ma pazienza); invece se sta scritto che qualcuno anche per disgrazia deve lasciarci ila pelle, si è visto ancora una volta ohe è un povero: qualche settimana fa a Milano il misero Zibecchi (studente, era stato investito da un automezzo della polizia durante una manifestazione antifascista il 17 aprile 1975; n.d.r.) e venerdì scorso a Napoli il pensionato Costantino. Ma se proprio qualcuno deve restare sotto una jeep, perché non deve mai capitare a un grosso banchiere, a un ricco signore? Deve dipendere dal fatto che disgrazie come queste succedono solo ai «passanti», e «passanti» sono solo i poveri, gli operai, gli impiegati, la piccola gente. Lor signori «passanti» non sono mai: fanno «due passi», lasciano la macchina per fare «il solito tratto a piedi» o «rientrano attraversando i parchi». Il destino dei «passanti» non li riguarda perché anche il destino lo ha pagato Cefis (già presidente dell'ENI, era all'epoca alla guida della Montedison, gran foraggiatore di partiti e politicanti in un ruolo e nell'altro; ndr).
Cosi, schiacciato dalla jeep di Napoli, è morto venerdì il pensionato Gennaro Costantino, «passante». Passava di lì perché andava - a cercare lavoro, un qualsiasi lavoro. C’è da piangere, da disperarsi, invece abbiamo letto su un’interessantissima corrispondenza di Antonio Ghirelli (“Corriere della sera” di domenica) che il sindaco di Napoli, Milanesi, è «ottimista». Sentite come ragiona il primo cittadino della terza grande città italiana «sullo scenario — scrive Ghirelli — del più bel golfo del mondo, trasformato in una putrescente cloaca». Dice il sindaco, tra l’altro: «Siamo arrivati a livelli di insopportabilità assoluta», ma poi così si consola: « Le fasce di malcontento sono vaste e profonde, ma si tratta per così dire di un malcontento generico, anche perché buona parte della popolazione lavora».
Avete capito? Sono trent’anni che Napoli è governata dalle destre o dai democristiani, e chi guida la città non è disperato perché se «una parte della città lavora» vuol dire che un’altra parte non lavora, ma perché non sono tutti disoccupati, e cioè non sono tutti alla fame. Gli pare un risultato consolante che qualcuno mangi, e in fondo che il povero Costantino sia morto è doloroso, ma in fondo era anche lui tra i disoccupati. Siamo giusti: che ci stava a fare? (Voi, cittadini napoletani, il 15 giugno non dovete fare gli elettori, dovete fare i chirurghi. Dovete tagliare, tagliar fuori per sempre questa classe dirigente che è forse riuscita a disinfettare le cozze, ma vive felice con le coscienze putrefatte.) - “l'Unità”, 20 maggio 1975

Postilla
Uno splendido corsivo di Fortebraccio del 1975, in alcune parti attualissimo, in altre attualizzabile. Raccontano le storie (confronta, ad esempio Giovanni De Luna, Le ragioni di un decennio: 1969-1979. Militanza, violenza, sconfitta, memoria, Feltrinelli 2009) che, secondo la versione della polizia, la jeep che uccise il passante Costantino era “priva di guida” e che la magistratura credette a questa versione. (S.L.L.)

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