Chi ci conosce (e lo deve
avere capito anche chi non ci conosce personalmente) sa che noi non
vorremmo mai che nessuno morisse. Gli uomini li vorremmo immortali
(ci sarebbe l’inconveniente di Tanassi, ma pazienza); invece se sta
scritto che qualcuno anche per disgrazia deve lasciarci ila pelle, si
è visto ancora una volta ohe è un povero: qualche settimana fa a
Milano il misero Zibecchi (studente, era stato investito da un
automezzo della polizia durante una manifestazione antifascista il 17
aprile 1975; n.d.r.) e
venerdì scorso a Napoli il pensionato Costantino. Ma se proprio
qualcuno deve restare sotto una jeep, perché non deve mai capitare a
un grosso banchiere, a un ricco signore? Deve dipendere dal fatto che
disgrazie come queste succedono solo ai «passanti», e «passanti»
sono solo i poveri, gli operai, gli impiegati, la piccola gente. Lor
signori «passanti» non sono mai: fanno «due passi», lasciano la
macchina per fare «il solito tratto a piedi» o «rientrano
attraversando i parchi». Il destino dei «passanti» non li riguarda
perché anche il destino lo ha pagato Cefis (già presidente
dell'ENI, era all'epoca alla guida della Montedison, gran
foraggiatore di partiti e politicanti in un ruolo e nell'altro; ndr).
Cosi, schiacciato dalla
jeep di Napoli, è morto venerdì il pensionato Gennaro Costantino,
«passante». Passava di lì perché andava - a cercare lavoro, un
qualsiasi lavoro. C’è da piangere, da disperarsi, invece abbiamo
letto su un’interessantissima corrispondenza di Antonio Ghirelli
(“Corriere della sera” di domenica) che il sindaco di Napoli,
Milanesi, è «ottimista». Sentite come ragiona il primo cittadino
della terza grande città italiana «sullo scenario — scrive
Ghirelli — del più bel golfo del mondo, trasformato in una
putrescente cloaca». Dice il sindaco, tra l’altro: «Siamo
arrivati a livelli di insopportabilità assoluta», ma poi così si
consola: « Le fasce di malcontento sono vaste e profonde, ma si
tratta per così dire di un malcontento generico, anche perché buona
parte della popolazione lavora».
Avete capito? Sono
trent’anni che Napoli è governata dalle destre o dai
democristiani, e chi guida la città non è disperato perché se «una
parte della città lavora» vuol dire che un’altra parte non
lavora, ma perché non sono tutti disoccupati, e cioè non sono tutti
alla fame. Gli pare un risultato consolante che qualcuno mangi, e in
fondo che il povero Costantino sia morto è doloroso, ma in fondo era
anche lui tra i disoccupati. Siamo giusti: che ci stava a fare? (Voi,
cittadini napoletani, il 15 giugno non dovete fare gli elettori,
dovete fare i chirurghi. Dovete tagliare, tagliar fuori per sempre
questa classe dirigente che è forse riuscita a disinfettare le
cozze, ma vive felice con le coscienze putrefatte.) - “l'Unità”, 20 maggio
1975
Postilla
Uno splendido corsivo di Fortebraccio del 1975, in
alcune parti attualissimo, in altre attualizzabile. Raccontano
le storie (confronta, ad esempio Giovanni De Luna, Le ragioni di
un decennio: 1969-1979. Militanza, violenza, sconfitta, memoria,
Feltrinelli 2009) che,
secondo la versione della polizia, la jeep che uccise il passante
Costantino era “priva di guida” e che la magistratura credette a
questa versione. (S.L.L.)
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