Su "l'Espresso" nei primi anni Ottanta la
rubrica di suggerimenti per brevi puntate nella provincia italiana
(Viaggio a) ebbe curatori di
grande qualità. Uno di loro fu Pietro Chiara, grande narratore dei
luoghi. E' suo questo pezzo su una amena località del lago
Maggiore con la storia di un beato mai canonizzato. (S.L.L.)
Fra Reno e Arolo, due
paesetti sulla sponda lombarda del lago Maggiore, la costa si erge a
strapiombo sulle acque per un tratto di poco più d'un chilometro,
presentando al navigante che sale o scende il bacino verbanese una
fronte rocciosa, che senza offrire un minimo di riva, scende a picco
fino al suo basamento, collocato a 350 metri di profondità.
Un simile accidente
geologico ha dato luogo a due miracoli: uno naturale costituito dal
romantico aspetto di quella costiera rocciosa e incorniciata di
verde, e l'altro soprannaturale, che è subito narrato. Lungo gli
oscuri anni dell'XI secolo, un mercante lombardo che traversava il
lago in barca tornando dal Piemonte, sorpreso sul far della notte da
una grande burrasca, dovette far naufragio su quelle rocce.
Abbrancato a un pietrone, gli riuscì di strapparsi all'abbraccio
mortale delle onde e di ricoverarsi in una grotta. Rannicchiato in
quell'antro, gli apparve la sua vita passata di poco scrupoloso uomo
d'affari e di incallito peccatore, con lo spauracchio dell'inferno al
quale era per il momento scampato. Prima di giorno aveva deciso: in
quel luogo sarebbe rimasto fino alla morte, in qualità di eremita.
Sopra un largo scalino a metà del dirupo si costruì una Porziuncola
e visse in penitenza, nutrito scarsamente dai pescatori di passaggio.
Era, quel mercante, colui che fu poi venerato come il Beato Alberto
Besozzi, benché il suo nome non sia regolarmente iscritto fra quello
dei beati e dei santi.
Il luogo, Santa Caterina
del Sasso, fra i più incantevoli e selvaggi del lago Maggiore, è
raggiungibile da Sesto Calende per la strada costiera orientale o per
via d'acqua. Le costruzioni, che comprendono l'antica chiesa con la
mummia del Beato, un conventino gotico e una minuscola osteria
librata col suo portichetto rinascimentale sopra le acque, sono state
di recente restaurate e rese nuovamente frequentabili, dopo aver
pericolato per anni sopra l'abisso, tanto la roccia, ora armata di
ferro e di cemento, si era fatta friabile. Ora vi si può scendere o
salire senza pericolo, si può sostare sui passaggi dalla chiesa al
convento o sotto il portichetto, dal quale l'occhio spazia su tutto
il bacino centrale del Verbano, mostrando le isole Borromee che
galleggiano verdissime nell'azzurro e la bianca catena del Sempione
dove la Valle d'Ossola sfocia col suo fiume nel lago.
L'Espresso, 10 gennaio
1982
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